Proprietà diffusa e patrimonio di valore. Per questi motivi anche Confedilizia, oltre alla maggioranza di governo, spiega perché dire no alla direttiva europea sulle case green: «Siamo contrari all’obbligatorietà» dichiara a LaSestina Giovanni Gagliani Caputo, membro dell’associazione che rappresenta i proprietari italiani di immobili. Per Tommaso Foti (Fdi) la bozza è «una patrimoniale camuffata».

La direttiva – La direttiva europea sulle case green fa parte del pacchetto Fit for 55 con il quale l’Unione Europea prevede di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La bozza del testo prevede l’adeguamento energetico per tutti gli immobili residenziali alla classe “E” entro il 2030 e alla classe “D” entro il 2033. Per tutti gli edifici già esistenti la data di scadenza è invece fissata al 2050. Sono previste delle eccezioni, come le case dei centri storici vincolate a beni culturali. Secondo le stime della Associazione nazionale costruttori edili (Ance) sono ben 9 milioni le abitazioni che dovrebbero essere oggetto di ristrutturazione su poco più di 12 milioni. Coibentazione, sostituzione di infissi, caldaie “green”, installazione di pannelli fotovoltaici sono gli interventi previsti.

Confedilizia – Non si è fatta attendere la reazione di Confedilizia. Per il presidente Giorgio Spaziani Testa la direttiva «avrebbe per l’Italia conseguenze devastanti». A LaSestina parla l’avvocato Giovanni Gagliani Caputo, membro del comitato esecutivo dell’unione internazionale della proprietà immobiliare: «Siamo contrari a questa direttiva perché l’Italia è un Paese a proprietà immobiliare diffusa. I lavori sarebbero così a carico di moltissimi italiani. Inoltre le esigenze sono diverse da paese a paese mentre la norma non fa differenze. Il patrimonio immobiliare italiano è antico e di valore». I dubbi non finiscono qui: «All’assenza di materiali si aggiunge l’assenza di personale qualificato» aggiunge Gagliani Caputo, che sottolinea: «Questa norma non è flessibile. Noi siamo contrari all’obbligatorietà».

L’iter – La direttiva approderà in Parlamento europeo il 9 febbraio. Entro il 13 marzo dovrà essere approvata dalla plenaria di Strasburgo. Entro giugno, invece, la presidenza svedese di turno dell’UE si è impegnata a portare l’iter a termine. Nel frattempo, per il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati Tommaso Foti, la norma «è una patrimoniale camuffata».