Professor Gambaro, come spiega la crisi de Il Sole 24 ore?
La crisi degli ultimi mesi ha accentuato un fenomeno di cui tutti erano già a conoscenza.
Il Sole non ha smesso di vendere migliaia di copie dalla sera alla mattina  La perdita di 61 milioni nel bilancio dei primi nove mesi del 2016 è uno shock per come è stata appresa ma è il sintomo di una governance fallimentare. Pesano gli sprechi e l’incapacità di innovare in modo giusto. Il sole aveva cercato di diversificare l’offerta dei propri contenuti con newsletter, conferenze, e la radio. Come insegna ogni manuale di economia, diversificare le fonti di reddito va sempre bene per continuare a guadagnare quando le altre attività sono in perdita. Il problema del Sole e che tutte lo erano perché facevano parte di uno stesso sistema che sta vivendo una lunga fase di crisi. Ma il problema è più ampio.

Immagino coinvolga tutti i giornali
Sì, il problema dei quotidiani è che sono delle industrie con costi fissi difficili da cambiare nel breve periodo. Quando il mercato è in crescita questo fa sì che i giornali siano molto redditizi, ma quando tutti iniziano a vendere meno copie, perché i lettori non leggono più, è difficile per l’editore licenziare subito 40 persone o vendere le rotative. Serve un management forte che lavori d’anticipo e preveda delle strategia d’uscita. Cosa che non è stata fatta al Sole.

Perché? 
I modelli di governance che non consentono decisioni rapide sono fallimentari e tutti i giornali proprietà di un’associazione (Confindustria, ndr.) per natura non hanno un management efficiente. I vari presidenti non potevano proporre una ristrutturazione drastica per rilanciare il giornale perché avrebbe portato al licenziamento di 30 o 40 giornalisti. Magari gli stessi amici degli industriali che fanno parte dell’associazione. Si perdono voti ed energie per i tanti interessi in gioco. Se non si rinnova per un anno non è un problema, ma se non lo si fa per cinque o dieci anni i problemi poi si ingigantiscono. Ma non è un problema solo del Sole 24 ore.

La soluzione è il digitale? 
Tutti i giornali dovranno puntarci prima o poi. Il passaggio di un lettore dalla carta al digitale fa perdere fin da subito i quattro quinti dei ricavi. Gli editori italiani finora sono stati un po’ pigri. hanno avuto sette, otto anni per cominciare a sperimentare nuovi modelli di business. Puntare sul locale, unificare le redazioni, lanciare su contenuti digitali. È vero che non c’è una ricetta magica a livello internazionale dalla quale attingere, ma i quotidiani hanno fatto meno di quel che potevano. E nel tempo questa cosa si pagherà.