Stefano Scabbbio, presidente e amministratore delegato di Manpower Group

Stefano Scabbbio, presidente e amministratore delegato di Manpower Group

Le risorse umane? È tempo di liberarle. Soprattutto per i giovani. «Oggi le competenze tecniche, le conoscenze di un giovane, sono importanti, ma solo per un 40 per cento. A fare la parte del leone durante un colloquio di lavoro è il modo di porsi, l’empatia che riesce a creare con chi gli sta vicino, la capacità di lavorare in gruppo». A dirlo è Stefano Scabbio, presidente e amministratore delegato di Manpower, azienda specializzata nell’incontro tra chi offre e chi cerca lavoro.

Padrone di casa della tavola rotonda “Giovani e lavoro”, organizzata da Manpower in collaborazione con La nuvola del lavoro, il blog del Corriere della Sera dedicato al mondo dell’occupazione, Scabbio, è stato intervistato da Maurizio Di Lucchio, Camilla Gaiaschi, Barbara D’Amico e Giovanna De Vivo. E ha indicato tre cause principali della disoccupazione giovanile: la poca formazione, l’eccessiva burocrazia e la mancanza di flessibilità concessa alle aziende.

«L’apprendistato è uno strumento molto valido per colmare le lacune nella preparazione offerta dalle scuole – spiega Scabbio – eppure ha molti limiti. A partire dalla sua durata: i tre anni previsti dalla legge sono un periodo eccessivo per le aziende che non possono spesso prendere impegni a così lunga scadenza. C’è bisogno di maggiore elasticità. Questo non significa che le aziende possano sfruttare gli stage offrendo solo contratti brevi e che dopo sei mesi possano mandare a casa il giovane. ma c’è bisogno di un maggiore sforzo da entrambe le parti: il lavoratore deve sapersi adattare, mentre il datore di lavoro deve capire che formare un ragazzo può essere una grande risorsa».

Uno degli ostacoli principali all’ingresso nel mondo lavorativo è anche il mancato funzionamento dei centri per l’impiego. «Generano meno del tre per cento dell’inserimento occupazionale – continua l’ad di Manpower – e questo avviene perché non c’è coordinazione con le aziende locali di riferimento. Una soluzione potrebbe essere quella di sdoppiare il lavoro: i centri pubblici potrebbero occuparsi della parte burocratica, mentre le agenzie private potrebbero valorizzare al meglio le risorse umane».

 Angela Tisbe Ciociola