La sera del 6 giugno la sesta banca spagnola, il Banco Popular, era sull’orlo del fallimento per questo motivo. La mattina seguente, però, il colosso Santander l’ha comprata. È salvo ed è costato soltanto un euro.
Il vero costo. In realtà l’impegno di Santander non ha il prezzo di un ghiacciolo al bar. La banca che ha comprato il Popular dovrà, come prima azione, operare un aumento di capitale da 7 miliardi per ripulire il bilancio del gruppo rilevato. Con l’acquisizione, infatti, il Banco Popular si trascina 37 miliardi di crediti deteriorati (il doppio delle banche venete) accumulati con l’esplosione della bolla immobiliare del 2008.
L’operazione. Nella nota del Srb, (Single Resolution Board, la nuova autorità di risoluzione delle crisi delle banche europee), si legge che «la Bce riteneva il Popular incapace di pagare i suoi debiti e le obbligazioni dei creditori, quindi sul punto di fallire». Poi, di concerto con il Fondo per la ristrutturazione statale spagnolo, avrebbero spinto la Santander ad acquistare il Popular «per proteggere i depositi dei correntisti e assicurare stabilità finanziaria in Spagna e in Portogallo, evitando il ricorso ai fondi pubblici». La Commissione Ue ha così dato il via libera all’acquisto per un euro. Dopo l’operazione, il Banco Santander è diventato il primo gruppo spagnolo con un volume di attivi per 465,7 miliardi di euro, davanti a CaixaBank, seconda con 337,7 miliardi. Il gruppo diretto da Ana Patricia Botin adesso conta su 4.660 agenzie in Spagna e un totale di 33.500 dipendenti.
Le ombre. La crisi del Banco Popular, benché sventata, getta un’ombra sull’efficacia della vigilanza europea. Al successo della politica per aver convinto Santander corrispondono seri dubbi sull’utilità di stress test e ispezioni della Bce. la banca ha superato indenne tutti gli appuntamenti di vigilanza: l’asset quality review e lo stress test del 2014, i requisiti Srep (processo di revisioni e valutazioni prudenziali), le ispezioni ordinarie e per ultimo lo stress test del luglio 2016. Sono passati solo undici mesi da quel test che aveva valutato solida la banca, ed ecco che è arrivata la crisi di liquidità che ha comportato la svalutazione fino a 0 euro delle azioni di 300 mila azionisti e dei creditori subordinati. Ma va anche detto che il bail-in completo, introdotto in Europa nel 2016 per salvare le banche attraverso il prelievo forzoso dai conti di azionisti e correntisti con portafogli superiori ai 100 mila euro, è una misura che i paesi europei cercano di evitare in tutti i modi.
Chi paga. Sono proprio gli azionisti del Popular a pagare il conto più salato, vedendo azzerato il valore dei loro titoli. Anche gli obbligazionisti junior, cioè i possessori del grado più basso (junior) di subordinazione perderanno tutto. Questo tipo di titolo bancario consiste in un bond perpetuo (senza scadenza), richiamabile a partire dal decimo anno.
Chi si è salvato. I correntisti del Banco Popular, grazie all’intervento di Santander, non perderanno nulla. Sia i depositi sotto i 100 mila euro sia quelli superiori sono salvi, insieme ai detentori di obbligazioni senior (schizzate sul mercato con aumenti superiori al 10%). Questi bond sono i più sicuri sul mercato bancario in quanto, in caso di default dell’emittente, il detentore è il primo a essere rimborsato attraverso i soldi ricavabili dalla vendita del patrimonio della banca.
Spagna batte Italia. L’acquisizione lampo del Banco Popular ha risolto un grattacapo ai buchi della vigilanza della Bce. In Italia una rapidità del genere non si è mai vista, anche nelle situazioni simili di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, acquistate sempre per un euro da Ubi (le prime tre) e da Bper. Nel caso italiano i 130 mila azionisiti hanno perso tutto il valore dei titoli, ma anche i conti dei possessori di obbligazioni subordinate e dei correntisti sono stati intaccati. Proprio la velocità del salvataggio ha evitato la fuga dei correntisti del Banco Popular, mentre in Italia, nel caso delle banche venete, i conti correnti furono chiusi proprio per il lungo protrarsi dell’instabilità. Anche per il caso del Monte dei Paschi i tempi dilatati del salvataggio sono una delle cause del costante deterioramento della banca. E pensare che proprio il Banco Santander è stato all’origine dei guai di Mps, quando nel novembre di dieci anni fa ha venduto alla banca senese l’Antonveneta per 9 miliardi, operazione molto criticata per il costo eccessivo.