In questi giorni sta mettendo in crisi la maggioranza che sostiene il governo ed è da anni al centro delle polemiche. E’ il Mes, uno dei punti su cui si potrebbe giocare il futuro politico-economico del Paese, soprattutto in seguito alla crisi provocata dall’emergenza Covid. Ecco, in quattro domande e risposte, tutto quello che bisogna sapere sul Meccanismo europeo di stabilità, la cui riforma è stata appena approvata dall’Eurogruppo.

Che cos’è il Mes?
Il Meccanismo europeo di stabilità, detto anche Fondo salva Stati, è un’organizzazione intergovernativa dell’Unione europea che ha il compito di salvaguardare l’equilibrio economico dell’intera Eurozona. Nello specifico, aiutando all’occorrenza i membri Ue in difficoltà tramite l’impiego di una “cassa comune”, che raccoglie fondi di emergenza da tutti i Paesi che lo hanno sottoscritto. Quindi fornisce dei prestiti alle nazioni in crisi, chiedendo loro in cambio tagli e riforme strutturali, le famose politiche di austerity, che devono garantire ripresa economica e un ritorno alla stabilità.

Quanto “vale” il Mes?
Il capitale totale autorizzato ha un valore potenziale pari a circa 700 miliardi, costituito sia dall’emissione di bond sui mercati finanziari (620 miliardi in totale), sia dai contributi degli stati membri (80 miliardi in totale), versati in proporzione alla loro importanza. Il sistema assegna a Germania, Francia e Italia i primi tre posti come maggiori contribuenti. La quota in realtà non corrisponde all’effettivo capitale versato, che ad esempio nel caso dell’Italia ammonta a circa 14 miliardi a dispetto del tetto massimo di intervento di 125 miliardi sottoscritto dal nostro Paese e che può essere richiesto dall’Ue in caso di estrema necessità. Il capitale versato totale raccolto dal Mes è di circa 80 miliardi. Forte della garanzia offerta dagli enormi capitali raccolti, il Mes è in grado di richiedere prestiti ai mercati finanziari ad un tasso di interesse estremamente basso, cosa che risulterebbe impossibile ai singoli stati già in emergenza economica.

mes contributi stati

Contributi Mes
Credits – Wikimedia Commons

Il fondo è stato già impiegato?
Il Mes è entrato in vigore nel 2012 in sostituzione del Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf, nato nel 2008 a seguito della crisi economica internazionale) e in passato ha già visto alcuni dei 19 stati aderenti ricorrere ai suoi aiuti economici. Ad esempio la Grecia, che è riuscita ad uscire dalla sua pesante crisi (2010 -2018) grazie ai 204 miliardi complessivi erogati da Fesf e Mes, in cambio però di rigidi tagli alla spesa sociale e alla sanità che hanno generato numerose polemiche per le ricadute negative sul benessere e la salute, definite da molti critici “immorali”. Oppure la Spagna, che spendendo solo 41 degli oltre 100 miliardi messi a disposizione dal Fondo, ha ristrutturato il settore bancario tra il 2012 e il 2014. Da menzionare anche i casi di Cipro, Portogallo e Irlanda.

In che consiste la riforma che scontenta i critici?
Nel giugno del 2019 è stata avviata la “Riforma del Mes” e il 30 novembre è arrivata l’approvazione di tutto l’Eurogruppo, anche se le firme ufficiali sono previste per il 27 gennaio 2021, dopodiché servirà solo l’approvazione dei vari Parlamenti nazionali. Si tratta di varie modifiche al trattato originale: tra le principali novità ci sarà l’anticipazione al 2022 dell’entrata in vigore del Fondo di risoluzione unico (Srm), una rete di sicurezza (o “backstop”) che arriverà due anni prima del previsto. Questa misura d’emergenza aggiuntiva metterà a disposizione dell’Unione bancaria una linea di credito, fornita direttamente dal Mes, per far fronte ad eventuali fallimenti ed agevolare le riprese degli istitiuti di credito in difficoltà, ammortizzando i costi per i contribuenti e per l’economia reale. Verranno anche inserite le procedure per la ristrutturazione del debito pubblico, che nello specifico porteranno a una riduzione concordata del valore del prestiti sottoscritti dai possessori di titoli di Stato. Ci sarà una semplificazione dell’intero processo grazie all’introduzione del voto unico, e non più separato, per tutte le tipologie di credito.