La crescita c’è, ma è lenta e non cambia marcia. Nel primo trimestre del 2017 il Pil, prodotto interno lordo, è aumentato dello 0,2% rispetto all’ultimo trimestre 2016. Frena l’industria, spiega l’Istat, ma crescono l’agricoltura e i servizi. Sale la domanda interna, mentre diminuisce quella estera. Un dato positivo per il nono trimestre consecutivo, che fa registrare un +0,8% su base annua. Tutto bene dunque? No. Innanzitutto perché non bisogna dimenticare che mancano 7,1 punti rispetto ai livelli pre-crisi del primo trimestre 2008 e quasi 3 punti rispetto a metà 2011, prima della crisi dell’euro. Poi, perché quel +0,2% è lo stesso dato dell’ultimo trimestre 2016: l’Italia cresce, ma non accelera. E il quadro diventa ancor più negativo se si rapportano le cifre nazionali a quelle europee.

Solo la Grecia peggio di noi – Nello stesso periodo, il primo trimestre del 2017, il Pil dell’Eurozona cresce dello 0,5%. Più o meno come quello tedesco, che segna un +0,6%. Fa ancora meglio la Spagna, che registra un +0,8%. Più o meno come l’Italia la Francia (+0,3%). Peggio di noi, magra consolazione, solo la Grecia, unico paese in negativo: -0,1%. Pessimiste anche le stime sul Pil 2017: la variazione acquisita – ovvero quella che si verificherebbe senza variazioni congiunturali nei prossimi trimestri – è del +0,6%. Una cifra modesta.

La zavorra del debito – L’aumento della differenza tra l’Italia e il resto dell’Europa è ancora più preoccupante se si pensa al debito pubblico, che nei giorni scorsi ha registrato un nuovo record. Le buone prestazioni dell’Eurozona avvicinano il giorno in cui la Bce, la Banca centrale europea, smetterà di comprare titoli pubblici. Da quel momento l’indebitamento pubblico non potrà far altro che continuare a crescere. Una tassa molto cara per un Paese come il nostro che – come scrive Francesco Daveri su Lavoce.info – ogni anno deve rinnovare circa 300 miliardi di titoli pubblici in scadenza.