tasso_disoccupazioneLa disoccupazione nel Regno Unito scende ancora. È arrivata al 7,1%, meno ancora di quanto aveva previsto la Bank of England. Sono i dati dell’ultimo trimestre 2013, diffusi il 22 gennaio 2013.

E le previsioni di crescita del Pil sono le migliori d’Europa: +2,4% per il 2014 secondo il Fondo Monetario Internazionale. Motivazione: “Una solida domanda interna”. Insomma, gli inglesi hanno ricominciato a spendere, mentre il resto d’Europa arranca.

“Non c’è da stupirsi. Il Regno Unito sarà il primo a uscire dalla crisi”, spiega Fabio Franchino, professore di Governance dell’Unione europea all’Università Statale di Milano. Farà meglio della Germania, che crescerà solo dello 0,4%: “Finora Berlino ha investito sulle esportazioni, e poco in domanda interna. Per questo i tedeschi sono più influenzati dalla situazione europea, che non è rosea”.

In misure anti-crisi, il governo tedesco ha investito più di tutti in Europa: il 3,2% del Pil. Più di quanto ha fatto l’Inghilterra, che ha investito l’1,9% del suo Prodotto Interno Lordo. Ma diverse ricette hanno portato a risultati diversi. Inoltre, dal punto di vista economico, l’Inghilterra è più vicina agli Stati Uniti (ormai usciti dalla crisi) che all’Europa. “Londra è stata investita per prima dalla recessione e dunque ne uscirà per prima, fa parte dei normali cicli economici”, commenta il professore. Eppure la strada non è stata in discesa. Negli ultimi tre anni il debito pubblico inglese è aumentato, e di molto: la Gran Bretagna ha dovuto nazionalizzare le banche, e la spesa pubblica è aumentata.

Per stimolare la domanda interna, Londra ha adottato misure come le detrazioni fiscali alle imprese e gli incentivi all’edilizia. Soluzioni dal sapore keynesiano, anche se fino al 2015 il Regno Unito sarà governato da una coalizione tra conservatori e liberal-democratici. “Al di là di ciò che si pensa in Italia, Keynes non è un monopolio della sinistra. Gli inglesi non sono ideologici nelle misure economiche. Né bisogna credere  che l’economista inglese fosse preoccupato ad abbattere le diseguaglianze. Il suo interesse principale era creare reddito, quindi domanda. Il welfare è un’altra cosa”, precisa Franchino.

La crisi non ha reso il Regno Unito un Paese più equo, tutt’altro: i tagli ai servizi ci sono stati e le tasse universitarie sono aumentate di dieci volte, “è un prezzo che i liberal-democratici pagheranno alle prossime elezioni, anche se è presto per dirlo”, spiega il professore. Insomma, la disoccupazione scende, il Pil sale, ma la ricchezza pro-capite è superiore in Germania.

Risultati brillanti, ma non senza ombre. la Bank of England voleva porre il veto agli incentivi in campo edilizio. Possono far aumentare l’inflazione e destabilizzare l’economica. “Bisogna ricordare che dall’edilizia è partita la prima ondata speculativa che ha portato alla crisi globale”, argomenta il professor Franchino.

L’Inghilterra può insegnare qualcosa all’Italia? Secondo Franchino non c’è una risposta scontata. Se il governo non ha investito nulla in politiche anti-crisi, c’è anche una ragione più profonda: gli italiani sono un popolo di risparmiatori, non spendono come gli inglesi. Se non c’è una naturale propensione al consumo, creare domanda è più complicato, soprattutto quando non ci sono segnali incoraggianti per l’Europa. Per l’Italia il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le previsioni di crescita dallo 0,6% allo 0,1%.

Vincenzo Scagliarini