«Nelle prossime ore comunicheremo le azioni che intraprenderemo. Ci aspetta probabilmente l’estate più calda della storia di Taranto, più di quella del 2012». L’Unione sindacale di base di Taranto minaccia ulteriori proteste e scioperi dopo la firma del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda al decreto che assegna il gruppo Ilva alla cordata Am Investco Italy, composta da Arcelor Mittal e dal gruppo Marcegaglia (al 15%). Dalla serata di lunedì 5 è ufficiale il passaggio della più grande azienda siderurgica italiana nelle mani del maggior produttore di acciaio in Europa, Arcelor Mittal. Un colosso da 63 miliardi di ricavi e 19 di capitalizzazione.
Battuta AcciaItalia – La cordata ha vinto la sfida contro AcciaItalia, formata da Jindal e Delfin, che ha provato fino all’ultimo a convincere il ministero dello Sviluppo Economico a riaprire la partita. Ma la lettera recapitata al ministro, nella quale Jindal e Delfin ribadivano la superiorità della loro offerta «dal punto di vista industriale e ambientale», non è servita a riaprire la procedura di gara. Alla fine ha prevalso l’offerta presentata da Arcelor Mittal e Marcegaglia, che prevede l’impiego di circa 4 miliardi, di cui 1,25 per l’ambiente.
Rischio Antitrust – AcciaItalia nella sua lettera al ministro ha fatto anche riferimento al rischio di natura Antitrust che pende sul gruppo rivale. L’Unione Europea dovrà dare il via libera alla conclusione dell’operazione e Bruxelles potrebbe imporre dei paletti al gruppo Arcelor Mittal e Marcegaglia. L’autorità europea potrebbe imporre un tetto alla produzione di acciaio intorno ai 6 milioni di tonnellate ogni anno, riducendo di molto le potenzialità degli impianti Ilva di Taranto e Genova, in grado di produrre circa il doppio della quantità di acciaio (12 tonnellate l’anno). Un limite che costringerebbe Arcelor Mittal e Marcegaglia a rivedere la promessa di produrre 9,5 milioni di tonnellate l’anno contenuta nell’offerta.
Ridimensionamento e proteste – La vittoria della cordata guidata da Arcelor Mittal e Marcegaglia è accolta dalle proteste delle organizzazioni sindacali, che ieri hanno scioperato nella sedi di Taranto e Genova. Il piano industrialeprevede un forte ridimensionamento dell’organico. Ilva oggi impiega circa 14mila addetti, ma Arcelor Mittal stima di avere 9.400 dipendenti nel 2018. Una cifra che nel 2023, a fine piano e dopo gli investimenti negli altiforni, dovrebbe scendere ancora fino a ridursi a circa 8.400 addetti. Ma il gruppo si sta ora impegnando a migliorare la sua proposta per elevare la quota degli addetti a 10 mila per tutto l’arco del piano.