In dieci anni, dal dicembre 2014 al dicembre 2024, l’Italia ha perso in media ogni giorno 42 imprese guidate da giovani under 35. È quanto emerge da uno studio condotto da Unioncamere (Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) e InfoCamere, società consortile informatica delle Camere di commercio italiane. Nell’ultimo decennio sono dunque sparite – tra chiusure e superamento della soglia di età degli amministratori – oltre 153mila attività guidate da under 35, portando il numero complessivo delle imprese giovanili dalle quasi 640mila del 2014 alle 486mila di dicembre 2024. Il report fotografa dunque una profonda trasformazione del tessuto imprenditoriale italiano, influenzato anche dal costante declino demografico, con un calo che ha interessato quasi tutti i settori economici. Nonostante ciò emergono anche aspetti positivi, con un’accelerazione in particolare nel segno dell’innovazione tecnologica e della sostenibilità.
Chi scende – Costruzioni e commercio pagano il prezzo più alto: il primo comparto ha perso quasi 40mila imprese under 35 (-38,7%), mentre dal mondo del commercio sono sparite oltre 66mila attività (-36,2%). In termini di composizione percentuale, se nel 2014 le aziende considerate rappresentavano insieme quasi il 45% di tutte le imprese under 35, oggi il loro peso è sceso al 37%. Considerevole anche il calo registrato dalle attività manifatturiere, ambito nel quale in dieci anni c’è stata una diminuzione del 35,9% (oltre 14mila imprese), con la decrescita che ha colpito in modo particolare il mondo artigiano che ha perso oltre 47mila unità (-28,1%). In discesa anche i dati relativi sia all‘imprenditoria femminile under 35, che ha subito una contrazione di oltre 43mila unità (-24,5%) sia alle imprese guidate da giovani stranieri, diminuite del 27,4% (circa 35mila in meno). Per quanto riguarda invece le attività con almeno 1000 imprese registrate nelle varie Camere di Commercio calano l’industria tessile (-49,1%), quella del legno (-46,5%) e il comparto edile (-46,3%)
Chi sale – Uno dei dati positivi arriva dal settore primario e nello specifico dalle aziende impegnate nell’agricoltura e nella pesca che registrano un aumento dell’incidenza sul totale dell’2,5%: nel 2014 rappresentavano l’8% delle attività gestite da under 35, a dicembre 2024 hanno raggiunto il 10,5%. Gli aumenti principali riguardano però i servizi alle imprese (dall’8,7% all’11,8%) e il comparto delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (dal 6,4% all’8%). Nonostante il calo, la porzione maggiore delle aziende giovanili è sempre legata al commercio che copre il 24% del totale. Dal punto di vista della variazione percentuale per le attività con almeno 1000 imprese registrate spiccano due aumenti sopra la tripla cifra percentuale: il +319,4% dei servizi finanziari (escluse le assicurazioni) e il +102,9% del settore della consulenza gestionale.
Le differenze regionali – Nonostante l’arretramento dell’imprenditoria giovanile mostri significative differenze tra le diverse aree del Paese, c’è un elemento che accomuna 19 regioni su 20. Si tratta tuttavia di un aspetto negativo, dal momento che il tratto ricorrente è il segno meno nella colonna relativa alla variazione percentuale delle imprese presenti sul territorio. L’unica regione con un saldo positivo rispetto al 2014 è il Trentino-Alto Adige, che dalle 9.275 aziende di dieci anni fa è passato ora a 10.354 (+11,6%). La regina dal punto di vista numerico rimane comunque la Lombardia, che nonostante un calo nel decennio del 15,1% conta nel proprio territorio 74.126 attività guidate da under 35 (erano 87.355 nel 2014). La Campania, seconda regione per presenza di imprese giovanili (oltre 61mila), ha subito perdite del 23,8%. Il terzo gradino del podio è invece occupato dal Lazio con 48.447 aziende che resistono alla contrazione del 25,7%. La tendenza è ancor più negativa nelle altre tre regioni del centro Italia. Le Marche sono infatti fanalino di coda a livello nazionale (-36,7%), e anche Umbria e Toscana registrano cali superiori al 30%, rispettivamente -32% e -31,1%. Nel Mezzogiorno, dove è più elevata l’incidenza di attività gestite da under 35 sul totale delle aziende, le flessioni maggiori si sono registrate in Molise (-35,6%), Abruzzo (-35,2%) e Calabria (-34,4%). Più contenute invece le perdite in Sicilia (-32,9%) e Puglia (-28,6%), che mantengono una significativa presenza di imprenditoria giovanile con rispettivamente quasi 43mila e 34mila imprese under 35. Un’incidenza sul totale delle imprese comunque affiancata dal segno meno per tutte le regioni ad eccezione, anche in questo caso, del Trentino-Alto Adige dove le aziende guidate da giovani imprenditori rappresentano ora il 9,2% del totale regionale (8,7% nel 2014).
Le parole del presidente di Unioncamere – Il peso dell’inverno demografico italiano in questo crollo dell’imprenditoria giovanile è sottolineato anche dal presidente di Unioncamere Andrea Prete: «Il dato è figlio del contesto economico ma è chiaro che su di esso ha pesato l’invecchiamento della popolazione. Secondo il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, ndr), negli ultimi 20 anni abbiamo avuto oltre 2 milioni di lavoratori under 35 in meno». Evidenziando il crescente interesse per le attività legate all’ambito tecnologico ha inoltre lanciato un messaggio alla classe politica: «I giovani che oggi scelgono di fare impresa puntano su attività dove il valore aggiunto della competenza e della tecnologia rappresenta un fattore distintivo e competitivo. Questa trasformazione suggerisce la necessità di politiche mirate che, oltre a facilitare l’accesso al credito e la fase di avvio, supportino i giovani imprenditori nell’acquisizione delle competenze necessarie per operare in settori ad alta intensità di conoscenza e innovazione».