Una ripresa lenta, aumento delle domande di disoccupazione e diminuzione delle ore di cassa integrazione. È il quadro certificato negli ultimi dati pubblicati dall’Inps, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Per i sindacati, la colpa è l’assenza di piani di investimenti pubblici. «Una situazione drammatica», secondo Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, «che lascia intendere quanto siano state inadeguate le politiche nazionali e regionali per lo sviluppo e l’occupazione».

Aumento delle domande di disoccupazione – Nel mese di marzo 2017 sono state presentate 111.334 richieste di indennità disoccupazionale. I dati certificano un aumento del 12% rispetto al numero registrato nel mese di marzo 2016. La crescita si nota anche in relazione al mese di febbraio 2017. Nei primi tre mesi dell’anno, e rispetto allo stesso periodo del 2016, le domande sono aumentate del 7%. Della NASpl, prestazione economica, possono usufruire tutti i lavoratori che hanno perduto l’occupazione, ma il contributo fa riferimento solo ai casi di disoccupazione che si sono verificati a partire dal 1° maggio 2015. Si rivolge a tutti i lavoratori dipendenti, con l’eccezione di chi è impiegato a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione e dei lavoratori del settore agricolo.

Meno ore di cassa integrazione – Ad aprile le ore complessive di Cig autorizzate dall’Inps sono crollate del 58,1%, arrivando al 62,2% per la Cassa integrazione straordinaria. A dimezzarsi è anche la Cassa integrazione ordinaria con un -50,3 per cento. A incidere sui dati sono le procedure più stringenti sugli ammortizzatori sociali introdotte dal Jobs Act: le nuove regole volute da Renzi-Poletti hanno ridotto le ore di Cig a due anni, aumentabili di soli altri 12 mesi, e hanno introdotto costi aggiuntivi per le aziende che fanno ricorso alla cassa.

Un Paese diseguale e frammentato – Il report pubblicato dall’Inps è confermato dall’ultimo rapporto annuale elaborato dall’Istat. In Italia nel 2016 si contano circa 3 milioni e 590 mila famiglie senza redditi da lavoro, ovvero nuclei dove non ci sono occupati o pensionati da lavoro. Si tratta del 13,9% del totale, con la percentuale più alta nel Mezzogiorno. «La ripresa, a causa dell’intensità insufficiente della crescita economica, stenta ad avere gli stessi effetti positivi diffusi sull’intera popolazione», ha dichiarato il presidente dell’Istat Giorgio Alleva. Non manca la reazione dei sindacati. In una nota di commento al rapporto, la Cgil ha dichiarato che «investimenti e occupazione si confermano i punti dolenti della nostra economia. Bassa crescita e disoccupazione possono essere risolti solo con un significativo programma di investimenti pubblici e creando lavoro».