Si alza il tasso di occupazione (59,4%) ma aumenta la disoccupazione tra i giovani sotto i 25 anni, mentre l’inattività è al minimo storico. È quanto emerge dai dati sull’occupazione del mese di novembre pubblicati dall’Istat, che osserva anche come la disoccupazione resti al di sotto della doppia cifra di percentuale: 9,7%. L’istituto nazionale di statistica rileva una lieve crescita nell’occupazione: 0,1% in più rispetto al mese di ottobre (18mila unità), mentre su base annua evidenzia una netta crescita: +1,2% (+285mila unità). I dati confermano così l’incremento occupazionale registrato a inizio anno, ma che nei mesi successivi era stato altalenante. A trainare l’occupazione i lavoratori dipendenti (+325mila) e quelli permanenti (+283mila), mentre si riducono i lavoratori indipendenti (-41mila).
Male i giovani sotto i 25 anni – L’aumento occupazionale è in positivo anche per i meno giovani tra i giovani, ossia i 25-34enni, per i quali si registra una «rilevante» crescita sia per le donne che per gli uomini: +0,6% rispetto a ottobre 2019, +1,8% rispetto al novembre dell’anno precedente. Nonostante i dati positivi dei giovani tra i 25 e i 34 anni, riporta l’istituto, va segnalata la crescita del tasso di disoccupazione dei under 25, che a novembre risale di 0,4 punti portandosi a 28,6%. L’Italia si conferma tra i Paesi con il più alto tasso di disoccupazione giovanile nell’Ue, preceduta solo dalla Grecia (32,5%) e dalla Spagna (32,1%).
Una questione di genere – Le donne spingono sull’occupazione e fanno la differenza per 35mila unità in più su ottobre. «L’andamento dell’occupazione è sintesi di un aumento della componente femminile (+0,3%, pari a +35mila) e di una sostanziale stabilità di quella maschile» spiega l’Istat.
Record storico – Era dal 1977 che l’Istat non registrava nelle Serie Storiche (cioè gli archivi che l’istituto conserva dal 1861) un così basso valore di inattività in Italia. Sceso di 0,2 punti su ottobre, si è attestato al 34%. Gli inattivi sono coloro che sono al di fuori della forza lavoro e non sono classificabili né come occupati (chi svolge un lavoro) né come disoccupati (chi è in cerca di un lavoro). Nel mese di novembre il numero di inattivi è calato di 72mila unità, con il totale che si riduce a 13 milioni e 55mila nella fascia d’età che va dai 15 ai 64 anni.
Cautela – Anche se le persone con un lavoro in Italia sono 23 milioni e 486mila, l’Unione nazionale consumatori (Unc) in una nota sottolinea: «Non si deve commettere l’errore di credere che a questo dato corrisponda un reale miglioramento della condizione delle famiglie. Per rientrare nella voce occupati, infatti, basta che una persona in un’intera settimana abbia svolto anche solo un’ora di lavoro remunerata. Essere occupati, insomma, non vuol dire avere un reddito dignitoso, che possa garantire il sostentamento di una famiglia». Il valore realmente positivo, commenta l’Unc, è il fatto che a novembre siano saliti i lavoratori dipendenti permanenti. Emilio Viafora, presidente di Federconsumatori, sottolinea come questi dati evidenzino «ancora una volta la necessità di interventi più incisivi e decisi in direzione di un rilancio dell’occupazione nel nostro Paese, attraverso lo stanziamento di investimenti necessari per la crescita, lo sviluppo tecnologico, la ricerca e la modernizzazione delle infrastrutture».