Picco record per la pressione fiscale che sale al 38% nel primo trimestre 2019 (la media annua è maggiore, 42,1%). Secondo l’Istat, è il dato più alto dal 2015. In tema fiscale è intervenuta anche la corte dei conti, che ha espresso preoccupazione per gli effetti negativi (la Corte usa il termine “choc” fiscale in seguito alle riforme allo studio del governo, in particolare la flat tax.
Tornando all’Istat, dopo l’aumento di maggio, l’Istituto centrale di statistica ha anche rilevato un calo particolarmente marcato dell’indice di fiducia dei consumatori: 109,6 è il livello più basso da luglio 2017. Giù anche quello delle imprese, che arriva a 99,3. Il potere d’acquisto è aumentato dello 0,9% nel periodo riferito, il primo aumento dopo due flessioni di fila. Un recupero favorito anche dalla frenata dell’inflazione, che però non si è tradotto in un aumento dei consumi ma del risparmio, segno dell’incertezza delle prospettive dell’economia che si riflette sui comportamenti degli italiani.

Le tasse – Solitamente, la pressione fiscale nel primo trimestre è la più bassa rispetto agli altri trimestri. L’aumento è dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2018. L’Istat ha specificato che anche in questo caso vale il confronto annuo, tra stessi trimestri.

La Corte dei Conti – Un intervento del procuratore generale della Corte dei Conti, Alberto Avoli, ha messo in guardia il governo sulle «gravi ripercussioni di uno choc fiscale in deficit». Secondo l’organo di controllo della spesa pubblica, «il taglio delle tasse e dei tributi è una priorità». Ma finanziare un intervento di questo tipo soltanto con aumento del deficit e senza coperture nel breve termine, come pronosticato dalla Lega per la Flat tax, «potrebbe avere ripercussioni gravi, tali da annullare o ridurre molto i benefici della rimodulazione delle aliquote».

Le famiglie – Nei primi tre mesi del 2019 il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,9%. Un aumento che arriva dopo due cali consecutivi. Torna così a segnare un nuovo massimo dal 2012, ma resta ancora sotto il picco precedente alla crisi, toccato nel 2007 (-5,7%). Lo rileva l’Istat parlando di «un marcato recupero» del reddito che «grazie alla frenata dell’inflazione, si è trasferito direttamente in crescita del potere d’acquisto».

I consumatori – Dopo gli incrementi registrati a maggio torna a scendere a giugno il clima di fiducia sia per i consumatori sia per le imprese. L’Istat spiega che nel mese si stima una flessione dell’indice da 111,6 a 109,6, mentre per quello delle imprese si registra una contrazione negativa da 100,2 a 99,3. «Tutte le componenti dell’indice di fiducia dei consumatori», scrive l’Istat, «sono in calo, seppur con intensità diverse: il clima economico e quello futuro registrano una diminuzione più marcata, mentre la flessione è più contenuta per il clima personale e per quello corrente».

Il risparmio – La propensione al risparmio è stata pari all’8,4% (+0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente) a seguito di una crescita della spesa per consumi finali “nettamente più contenuta” rispetto a quella registrata per il reddito disponibile lordo (rispettivamente +0,2% e +0,9%).