A marzo era andata male, ad aprile è andata peggio. La produzione industriale nel quarto mese dell’anno è calata, secondo le rilevazioni Istat, dello 0,7 per cento rispetto ai 30 giorni precedenti, un trend negativo che ha investito la maggior parte dei settori industriali italiani: dal tessile agli accessori, dai prodotti petroliferi ai macchinari.
I dati – Il calo, dice Massimilano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, è «preoccupante» per l’80 per cento dei settori industriali. Ciò significa, continua, che l’industria italiana inizia il secondo trimestre 2019 «nel peggiore dei modi». Le flessioni più ampie le registrano le industrie tessili, di abbigliamento, pelli e accessori con un meno 8,2 per cento. I prodotti petroliferi e di coke scendono del 7,4 per cento. A seguire, con differenze di circa 1,2 punti, l’industria dei macchinari e dei mezzi di trasporto.
I commenti – Per Dona questi numeri rappresentano «una doccia fredda per il governo e per il Paese». Gli effetti sul Pil e sulle previsioni di crescita, sempre secondo Dona, rendono più concreta l’ipotesi di una manovra correttiva e quindi di un cambio di indirizzo della politica economica italiana. L’indice è in diminuzione per i beni strumentali, intermedi e di consumo e secondo l’Unc, «resta da recuperare più un quinto della produzione industriale rispetto al periodo precedente alla crisi del 2008». Sulla stessa linea anche Federconsumatori: in una nota dell’organizzazione lo stato di salute dell’economia in aprile viene definito «convalescente». A controbilanciare lo scetticismo di Federconsumatori che definisce i dati di aprile «allarmanti», ci pensa Coldiretti per cui il balzo in avanti dell’industria alimentare (+ 4,9%) è un « segnale importante per un settore trainante del Made in Italy». Anche il governo ha ritrovato un minimo di ottimismo fissando, nel Consiglio dei ministri del 9 aprile, un obiettivo di crescita per il 2019 allo 0,2 per cento, riconfermando i target della legge di bilancio.
Le stime – Dato il quadro presentato dall’Istat, le previsioni sia dell’Unione nazionale consumatori sia di Federconsumatori, sono critiche: per l’economia e per la tenuta del governo. Dona teme gli effetti dei dei numeri negativi sul Pil e sulla crescita del Paese. Per questo motivo aggiunge che per il Governo una priorità «dovrebbe essere quella di rilanciare la capacità di spesa del ceto medio» in modo da innescare il rilancio dei beni di consumo durevoli che continuano a precipitare. Federconsmatori nella nota aggiunge che «di fronte ad uno scenario di forte inquietudine» incombe anche lo spettro dell’aumento dell’Iva e le ricadute sull’economia familiare di molti italiani.