Due tweet per lanciare una nuova offensiva nella guerra commerciale con la Cina e minare gli obiettivi dei patti di dicembre stipulati a Buenos Aires. Le tariffe doganali non rimarranno bloccate: il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato da venerdì l’aumento dei dazi dal 10 al 25 percento su 200 miliardi di prodotti cinesi, a pochi giorni dall’incontro previsto l’8 maggio a Washington con la delegazione di Pechino. Un summit da cui ci si aspettavano altri segnali di distensione. Le borse asiatiche sono crollate (– 5,58 percento Shanghai, -7,38 percento Shenzen), ma Geng Shuang, portavoce Ministro degli esteri cinese, conferma l’incontro con la speranza che «Usa e Cina possano trovare una soluzione a metà strada». Ripercussioni anche sui mercati europei, con Milano che perde l’2,2 percento, Francoforte l’1,8 e Parigi l’2,1.

Accordo a rischio?- Cinque mesi fa, nel corso del G20 di Buenos Aires, Cina e Usa avevano stabilito che le tariffe doganali sui beni cinesi sarebbero rimaste stabili sul 10 per cento, in attesa dell’avvio di negoziati sul trasferimento forzato di tecnologia, la protezione della proprietà intellettuale, le barriere non tariffarie, le cyber intrusioni, servizi e agricoltura. Un percorso dei negoziati che sarebbe dovuto durare 90 giorni e che a oggi non soddisfa Trump. Il presidente ha così twittato: «L’accordo sul commercio con la Cina continua, ma troppo lentamente, dato che loro continuano a cercare di rinegoziarlo: no. Per 10 mesi, – continua Trump – la Cina ha pagato tariffe agli Usa del 25 percento su 50 miliardi di dollari sull’alta tecnologia e del 10 su 200 miliardi di altri beni. Questi pagamenti sono in parte responsabili dei nostri straordinari risultati economici». Dopo queste dichiarazioni Pechino avrebbe considerato l’ipotesi di non partecipare al nuovo round di negoziati di mercoledì. Poi sono arrivate le rassicurazioni dal Ministero degli esteri: «la nostra delegazione ci sarà, gli accordi non sono a repentaglio».

Italia Non solo Cina. Tremano anche l’Europa e ovviamente l’Italia. Coldiretti e Filliera Italia ricordano che il 7 maggio inizierà l’indagine del Dipartimento del Commercio Usa (Ustr) sulla proposta di mettere i dazi alle importazioni su una lunga lista di prodotti provenienti da Paesi Ue. La black list dei prodotti europei da colpire con le tariffe ammonta a 11 miliardi di dollari e comprende anche importanti prodotti agricoli e alimentari di interesse nazionale, come i vini tra i quali il prosecco ed il Marsala,i  formaggi, ma anche l’olio di oliva, gli agrumi, l’uva, le marmellate, i succhi di frutta, l’acqua e i superalcolici. La scure, secondo lo studio di Filiera Italia e Coldiretti, si potrebbe abbattere sul principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari italiani fuori dai confini comunitari, un mercato che per di più nel 2018 ha toccato un valore record di 4,2 miliardi (+2 percento sull’anno precedente).

 Guerra di commenti- Intanto fra Cina e Usa il clima è pesante. Per molti, da Guerra fredda. La stampa di Pechino ha reagito con editoriali sdegnati alle parole di Trump. Per il direttore del quotidiano cinese, The Global Times, «Mike Pompeo, (il segretario di Stato Usa, ndr) sta trasformando il Dipartimento di Stato nella Cia». Acri anche i commenti da parte americana. Kiron Skinner, direttrice della pianificazione politica del Dipartimento di stato ha parlato, infatti, di «scontro di civiltà» tra due popoli diversi. Con l’Unione Sovietica infatti era una «competizione all’interno della famiglia occidentale, perché Marx era portatore di teorie europee, Pechino non è figlia della filosofia e della storia occidentale, quindi per la prima volta nella storia ci troviamo di fronte a un avversario not caucasian (non bianco)».