Carlo Sangalli all'assemblea di Rete Imprese Italia

«La luce in fondo al tunnel della crisi davvero non si vede ancora. Senza crescita e coesione l’Italia è perduta». A lanciare l’allarme è Carlo Sangalli, Presidente nazionale di Confcommercio e dal 1° gennaio 2013 Presidente di Rete Imprese Italia.

In occasione dell’assemblea annuale dell’Associazione del 9 maggio, Sangalli ha spiegato come «L’Italia non cresce, ma al contrario, arranca ed arretra». Nel 2012, ha ricordato «ha chiuso un’impresa al minuto» e il numero dei disoccupati «è ormai prossimo ai tre milioni di unità, con una quota a livello giovanile che ha ormai oltrepassato la quota del 38 per cento».

L’indagine realizzata dal Centro Europa Ricerche-CER ha evidenziato come, in assenza di una sensibile accelerazione della crescita, le imprese potrebbero trovarsi nella «necessità di operare tagli di occupazione compresi fra 400 e 650mila unità». Secondo l’analisi, «già negli ultimi sei anni, tra il 2007 e il 2013, la competitività italiana è diminuita del 5,2 per cento mentre quella tedesca, nello stesso periodo, è aumentata di oltre il 6». La recessione che sta vivendo il Paese è la più profonda e lunga di quelle del secolo scorso, avendo superato anche il drammatico episodio degli anni Trenta. «La perdita di prodotto reale rispetto al 2007 raggiungerà a fine 2013 i 121 miliardi di euro (-8,1 per cento) e nel 2017 il livello del prodotto reale sarà ancora inferiore del 2,9 per cento rispetto ai valori pre-recessivi» emerge dall’indagine.

L’elemento di massima criticità è quello dell’occupazione. Si contrappongono due spinte di segno opposto: «Da una parte le imprese che ritengono la recessione determinata da fattori esogeni hanno cercato in ogni modo di preservare i posti di lavoro; dall’altra parte, l’esigenza di avviare processi di ristrutturazione ed efficientamento delle produzioni, che diviene più pressante al prolungarsi della crisi». Il 2012, in conclusione, ha segnato il punto in cui la seconda forza ha preso il sopravvento sulla prima. Il tasso di disoccupazione ha infatti registrato lo scorso anno «un aumento (2,3 punti) che è il massimo del dopoguerra e sta ora avvicinando il livello di massimo storico del 12 per cento».

Intervenendo a margine dell’assemblea, il ministro del Welfare Enrico Giovannini ha spiegato come «la cosiddetta “staffetta generazionale” è una delle possibili soluzioni e delle misure allo studio, perché abbiamo bisogno di aumentare l’occupazione giovanile».

Silvia Morosi