Se il lavoro fosse una torta gli over 50 farebbero indigestione e i giovani tornerebbero a casa affamati. Il mondo del lavoro è l’esempio più efficace per raccontare come la cosidetta “onda grigia” si stia diffondendo sempre di più: tra il 2012 e il 2022, secondo un report del Censis sui primi nove mesi del  2022 appena pubblicato, gli occupati sotto i 50 anni sono diminuiti drasticamente mentre quelli tra i 50 e 65 sono aumentati quasi del 50 %gli over 65 addirittura del 68,9 %.

Motivazioni- Nel mondo sviluppato il periodo storico attuale sta mostrando un cambiamento demografico storico: le aspettative di vita aumentano e quindi cresce il numero di anziani, in parallelo diminuiscono le nascite e di conseguenza i giovani che arrivano al lavoro. L’Italia è uno dei paesi più vecchi dell’Unione europea:  secondo dati dell’Istat l’indice di vecchiaia ha raggiunto la quota di circa 180 anziani per ogni giovane, praticamente 90 coppie di genitori per un solo figlio/figlia. È il capovolgimento della struttura per età della popolazione, un fenomeno contemporaneo che condiziona anche il mondo del lavoro.

Le conseguenze –  In Italia precarietà e mobilità del mercato del lavoro sono strettamente legate al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. I giovani tendono a lavorare con contratti considerati “non standard”, come tempo determinato, collaborazioni e part-time. Secondo i dati del report di Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, un lavoratore su cinque ha questo tipo di contratto e in questo “uno” circa la metà sono occupati tra i 15 e i 35 anni. Di questi il 43,5 % sono giovani donne. In sostanza, la precarietà è giovane e ancor di più donna. Non è una forzatura constatare che la fuga dalla precarietà è una delle cause della mobilità nel mercato del lavoro. Infatti, sempre secondo il report, nei primi nove mesi del 2022 ci sono state circa 2 milioni di dimissioni, ma parallelamente le attivazioni di lavoro sono state quasi 10 milioni. Questi dati dimostrano indirettamente che chi abbandona il lavoro molto spesso è motivato dalla voglia o dalla necessità di trovare un lavoro meglio retribuito, più stabile o con maggiori tutele.

Cambierei, se potessi- il dinamismo del mercato del lavoro mostra il rapporto soggettivo degli italiani con la loro occupazione. Secondo il report di Censis la metà dei lavoratori se avesse la possibilità cambierebbe mestiere: di questa metà, il 50% sono giovani, l 45,8% adulti e il 6,3% anziani. Le motivazioni sono diverse: carriere difficili, retribuzioni poco gratificanti, pochi premi e disincentivo all’acquisizione di nuove competenze. Rimane comunque alta la paura di perdere la propria occupazione: poco meno della metà di chi lavora ha espresso il timore di essere licenziato per inadeguatezza futura al proprio lavoro. Incertezza complessiva legata alle attese rivoluzioni tecnologiche e organizzative.

Il lato positivo – Forse il mondo sta diventando il sequel del film di David Fincher, Il curioso caso di Benjamin Button: per lavorare bisogna essere nati vecchi, mani giunte dietro la schiena, capelli brizzolati e un aneddoto pronto per qualsiasi occasione. Secondo il Wall Street Journal il fatto che ci siano sempre più anziani che lavorano è un risultato positivo almeno per la crescita economica. Secondo i dati dell’Ocse, infatti, la partecipazione al mondo del lavoro degli over 65 negli scorsi anni ha raggiunto un record storico: in media nei paesi Ocse il 15,3 per cento di loro lavora. Aumentano la forza lavoro di paesi come Italia, Giappone, Stati Uniti, Regno Unito, Germania. Insomma, secondo la testata, tutti gli economisti sono d’accordo che l’invecchiamento della popolazione rallenta la crescita economica (gli anziani consumano meno e sono meno attivi) ma se non avessero partecipato in misura crescente al mondo del lavoro, questo rallentamento sarebbe stato ancora più pronunciato.