Enrico Giovannini

Enrico Giovannini, ministro del Lavoro

Dieci volte la parola “giovani” nel documento pubblicato alla fine del Consiglio dei ministri del 26 giugno. Sempre in coppia con “lavoro”. Basterà a evitare che l’ultima stima di Confindustria – un tasso di disoccupazione al 12,4% a fine 2013 e dello 0,3% più alto l’anno prossimo – venga confermata dai fatti? Secondo il ministro del Lavoro Giovannini, sì: con le nuove misure la percentuale di under 30 senza occupazione, grazie a 200mila posti in più, potrebbe scendere dal 25 al 23%. Dal 24 al 22% la quota di 15-29enni che non studiano né lavorano. Ma sull’impatto reale dei provvedimenti i giudizi si dividono. Tra economisti scettici e laureati delusi.

Dalla marcia indietro sulla riforma Fornero (la pausa tra un contratto a tempo determinato a un altro cala di nuovo a 10 o 20 giorni) ai 794 milioni – di cui mezzo miliardo al Sud – in quattro anni, a copertura di un terzo della retribuzione mensile lorda dei giovani neoassunti. I limiti: l’agevolazione durerà 18 mesi e non potrà superare i 650 euro al mese. Nel decreto ci sono anche i tirocini pagati 200 euro (per un un massimo di 15 milioni) e i contratti di collaborazione per l’Expo 2015. Il rifinanziamento da 328 milioni di tre fondi destinati ai giovani del Mezzogiorno E una scadenza: il 30 settembre 2013 per le linee guida sull’apprendistato.

In attesa del secondo pacchetto di norme, per cui bisognerà conoscere le regole d’uso dei fondi strutturali 2014-2020 e di quelli per la “Garanzia giovani”, si alzano le voci contrarie a queste prime riforme. I cinguettii di Twitter prendono di mira soprattutto il primo dei requisiti – che si escludono l’un l’altro – per ottenere uno dei 200mila posti da creare, non avere nessun titolo di scuola superiore (gli altri sono essere disoccupato da almeno sei mesi e vivere solo con persone a carico). “Con il diploma sei out”, “Tanto chi è laureato non ha problemi a trovare lavoro, vero?”, “Ma, con la scuola dell’obbligo fino a 16 anni, quanti giovani senza diploma ci sono in giro?”. E via twittando.

Né tutti gli economisti sono d’accordo sull’efficacia del provvedimento. “Quando si hanno poche risorse da distribuire è meglio che vengano concentrate in pochi provvedimenti di lunga durata, come poteva essere un sussidio permanente per le retribuzioni più basse – spiega Tito Boeri a L’Espresso – Altrimenti c’è il rischio che gli incentivi, distribuiti su troppi interventi e per periodi limitati, si esauriscano senza avere inciso sull’economia reale. Insomma, che siano soldi buttati via”. E che il lavoro continui a mancare.

Giuliana Gambuzza