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Solo il 3,9% degli italiani trovano lavoro attraverso i centri d'impiego

Il canale “informale”, raccomandazione o segnalazione che sia, rimane la strada principale per gli italiani per trovare un posto di lavoro. Il 32 per cento dei neo-occupati nel 2011 ha dichiarato infatti di aver trovato impiego grazie all’aiuto di amici, parenti o conoscenti. E la percentuale sale se si restringe il campo ai soli giovani.

Il dato significativo è stato rilevato dall’Isfol, l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei Lavoratori, che ha diffuso oggi, 21 marzo, l’ultimo studio dedicato al livello occupazionale degli italiani. A fronte dei centri per l’impiego, delle agenzie di lavoro interinale e dei sindacati, che registrano un vero e proprio flop (rispettivamente il 3,9%, il 2,4% e lo 0,5% del campione si affida con successo a questi canali), la “spintarella” dei conoscenti rimane la strada più proficua. E l’incidenza aumenta tra i più giovani e diminuisce tra i più istruiti. Trovano infatti lavoro grazie a parenti e amici 4 giovani su 10 e il 45 per cento di chi ha solo la media inferiore. Di contro, solo il 13,3 per cento dei laureati e il 29 dei diplomati che trovano lavoro devono ringraziare parenti o amici. Per queste ultime due categorie valgono ancora canali tradizionali come concorsi pubblici (36,9%) e università (7,2%).

Anche sul fronte del tipo di contratto offerto le notizie non sono delle migliori: lo studio mostra che solo il 32 per cento dei lavoratori atipici del 2010 ha, a un anno dall’inizio dell’impiego, un’occupazione standard (ossia a tempo indeterminato), mentre il 42 per cento mantiene il contratto atipico (determinato o a progetto) e il 25 per cento torna a essere disoccupato. Il posto fisso, avverte l’Isfol, vacilla: «Le persone che hanno perso un’occupazione stabile – si legge nello studio – sono state nel periodo 2010-2011 circa 2,2 milioni, mentre quelle che hanno visto stabilizzata la loro occupazione sono quasi 2 milioni: la metà erano già occupati ma atipici mentre gli altri provengono dalla disoccupazione o dall’inattività».

Ai giovani va ancora peggio: per loro gli esiti positivi – i contratti a breve termine che diventano a tempo indeterminato – sono inferiori al dato medio e la permanenza nella condizione atipica è superiore. Leggermente meglio per i laureati, che hanno esiti superiori alla media sia nelle trasformazioni che nelle permanenze e quindi riescono a rimanere nel mondo del lavoro di più e meglio rispetto ai coetanei senza diploma.

Giorgia Wizemann