Accontentare partiti, sindacati e imprenditori. Questa la missione del presidente del Consiglio Mario Draghi che nelle prossime ore dovrà sbrogliare la matassa della questione licenziamenti, per ora bloccati fino al 30 giugno. Senza dimenticare la situazione degli sfratti, su cui si è da poco pronunciata la Corte costituzionale.

I sindacati in piazza il 26 giugno (foto Ansa)

Blocco selettivo – La decisione sui licenziamenti verrà presa questa sera 28 giugno. Draghi ha convocato alle 17:30 la cabina di regia della maggioranza, in cui si discuterà anche di riforma della Giustizia. Sul fronte lavoro, la soluzione dovrebbe essere una proroga selettiva: scadenza del blocco rinviata per i settori più in crisi – in particolare la filiera tessile e dell’abbigliamento, dove si registrano anche le percentuali maggiori di lavoratori in cassa integrazione – e per le 85 aziende oggetto dei tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico. Per queste ultime si dovrà adottare un escamotage: l’ipotesi è un allargamento della platea alle aziende con forti cali di fatturato.

In tutti gli altri settori il blocco scadrà il 30 giugno. Il premier dovrà ancora una volta fare da mediatore tra le posizioni dei partiti. Forza Italia e Italia Viva sono per un superamento del blocco, la Lega spinge per la proroga selettiva. Pd, 5 Stelle e Leu sono più vicini ai sindacati, che chiedono un rinvio generalizzato dello stop per allineare industria e costruzioni a terziario e piccole imprese, per le quali il termine è previsto al 31 ottobre. Posizione, quest’ultima, a cui si è già associato il ministro del Lavoro Andrea Orlando, che a fine maggio aveva ipotizzato di posticipare la decisione a fine agosto.

Sfratti incostituzionali – L’altro blocco di cui si discuterà nelle prossime settimane è quello degli sfratti. Il decreto Sostegni-bis, pubblicato in Gazzetta ufficiale a fine maggio, prevede scadenze differenziate: il 30 settembre per i provvedimenti adottati verso gli inquilini morosi da febbraio a settembre del 2020 e il 31 dicembre per quelli da ottobre 2020 a giugno 2021. Il 30 giugno è prevista la fine del blocco per gli sfratti già esecutivi prima della pandemia. Sul tema è intervenuta la Corte costituzionale, che il 22 maggio ha stabilito l’incostituzionalità della proroga dal primo gennaio al 30 giugno 2021, dando ragione agli affittuari. Secondo la Consulta, una misura di tale portata può essere adottata solo per periodi brevi e per gravi emergenze; ma, di rinvio in rinvio, il blocco è rimasto in vigore per quattordici mesi. Così le toghe hanno ritenuto sproporzionato il bilanciamento tra la tutela del creditore-proprietario e quella dell’affittuario insolvente. Resta il fatto che, con la scadenza parziale della tutela, circa 70mila cittadini rischiano di trovarsi senza casa. E, nei casi peggiori, anche senza lavoro, se dovesse essere approvata la proroga differenziata dello stop ai licenziamenti.

Allarme povertà – In questo senso, gli ultimi dati dell’Istat sono preoccupanti. Oltre 5,6 milioni di italiani (il 9,4% della popolazione) vivono in condizioni di povertà assoluta, il dato peggiore dal 2005, anno in cui le rilevazioni sono state effettuate per la prima volta. I numeri che colpiscono di più sono quelli territoriali: nel Nord l’incidenza della povertà assoluta è passata dal 6,8% al 9,3%, il peggioramento più significativo; quasi la metà dei poveri assoluti (46%) vive nel Settentrione. A livello d’età, sono i giovani a pagare a prezzo più alto le conseguenze della pandemia: sono oltre un milione e 100mila i poveri assoluti nella fascia che va dai 18 ai 34 anni. Altro dato allarmante è quello che riguarda la povertà per bambini e ragazzi, cresciuto di oltre due punti (da 11,4% a 13,5%) dal 2019.