frutta

Nel rialzo dell’inflazione, sintomo di ripresa, si sperava da due anni. Ora è arrivato, ma forse non seguendo la strada giusta. A gennaio, Eurostat ha segnalato un raddoppio del tasso rispetto a dicembre 2016. Ma è dovuto soprattutto a un aumento vertiginoso dei prezzi di frutta e verdura (oltre a quelli dei prodotti petroliferi) e la Confcommercio è preoccupata per un possibile calo delle vendite.

Effetto Draghi – A inizio 2015 Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea, ha avviato il quantitative easing. La manovra comprende l’acquisto dei titoli di Stato da parte della Bce, in modo da immettere nuovo denaro nel circuito economico e incentivare prestiti e ripresa economico, con relativo incremento del tasso d’inflazione. I primi risultati significativi sono stati registrati a gennaio 2017 da Eurostat. Nell’Eurozona il balzo è stato del 1,8 per cento, rispetto all’1,1 di dicembre 2016. In Italia si è arrivati all’1 per cento, cioè il doppio rispetto allo 0,5 per cento del mese precedente.

Kiwi_picking_in_Italy

Raccolta dei kiwi

Maltempo e speculazioni – Tante percentuali, per un dato che riguarda tutti: l’aumento del prezzo di frutta e verdura. A prima vista le cause potrebbero essere legate al maltempo, soprattutto se si guarda al centro-sud,  che avrebbe ritardato i raccolti. In realtà, già a gennaio il Codacons ha denunciato le speculazioni all’interno della filiera produttiva che hanno portato a un rigonfiamento anche del 400 per cento dei costi per il consumatore. Si paga di più anche per pere, kiwi e mele, che sono stati raccolti prima dell’arrivo di nevicate e alluvioni, come la stessa Coldiretti ha confermato. Anche il rincaro di benzina e gasolio non aiuta: se il trasporto è più caro, le ripercussioni si avranno su chi compra questi generi alimentari.

Consumatori – Al netto di queste di considerazioni, il Codacons è cauto sui benefici che il quantitative easing possa aver avuto sull’economia reale. I dati Istat confermano che le vendite del commercio al dettaglio sono rimaste «sostanzialmente stabili», per quanto riguarda il valore, con addirittura un calo dello 0,3 per cento se guardiamo al volume. E sono le imprese più piccole a registrare il calo maggiore negli acquisti.

Commercianti – Dall’Ufficio Studi di Confcommercio, si definiscono «moderatamente preoccupati». Temono che il rialzo dei prezzi, scollegato da incremento delle vendite e da soluzioni per la crescente disoccupazione, sul lungo periodo possa avere ricadute pesanti sui consumi e sull’intero circuito economico. Non è ancora il caso di lanciare l’allarme, ma è necessario avviare indagini per far luce sulle speculazioni denunciate dal Codacons.