Tra meno di due settimane scatterà il blocco agli acquisti del greggio in Unione Europea. Il provvedimento mette alle strette l’attività della raffineria Lukoil di Priolo e dei 10mila posti di lavoro che ne sono collegati, rappresentando un potenziale grosso danno per l’economia italiana. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso non esclude un intervento dello Stato nell’acquisizione dell’impianto e incontra le banche per chiedere anche il loro aiuto.
La strategia del governo – Secondo Il Messaggero, il ministro Urso avrebbe convocato le grandi banche italiane per chiedere un intervento di 650-700milioni per salvare la Lukoil di Priolo. Intanto Urso, intervenendo alla riunione del ministero delle imprese e del Made in Italy, aveva voluto chiarire la posizione del governo sulla vicenda, non escludendo un possibile ingresso dello Stato nell’acquisizione della raffineria. Il golden power invocato da Urso durante il meeting consentirebbe alle istituzioni di avere l’ultima parola nel caso di acquisto dell’impianto da parte delle multinazionali estere del greggio. In alternativa, lo stesso provvedimento potrebbe facilitare l’eventuale acquisizione e nazionalizzazione dello stabilimento. «Contiamo di rivederci a metà dicembre con delle soluzioni da poter mettere in pratica. L’impianto di Priolo rappresenta un asset di interesse nazionale per la filiera industriale del settore chimico del Paese», ha concluso il ministro, come riporta Rainews.
Stop al petrolio russo – Dal 5 dicembre Bruxelles renderà a tutti gli effetti operativo il divieto di acquisto del petrolio proveniente dalla Russia. Il provvedimento, intrapreso come forma di opposizione alle attività belliche russe sul territorio ucraino, arriva qualche mese dopo rispetto a Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna, che già dalla scorsa primavera hanno tagliato i ponti con il governo di Mosca per quanto riguarda la fornitura del greggio. A seguito di questa disposizione, la compagnia internazionale Lukoil (la principale azienda petrolifera russa e una della più grandi del mondo) parrebbe intenzionata a chiudere la linea di produzione in Italia, sebbene non sia stata direttamente intaccata da alcun tipo di sanzione monetaria.
A rischio 10mila lavoratori – Il provvedimento potrebbe rappresentare un duro colpo per l’economia del Paese, in particolar modo del Meridione. Lo stabilimento di Priolo, in provincia di Siracusa, copre infatti il 20% del fabbisogno annuale italiano, essendo il quarto per dimensioni su scala europea. Negli scorsi giorni ci sono stati numerosi cortei dei lavoratori dell’impianto tra le strade di Siracusa e di Roma. La chiusura dell’Isab potrebbe infatti significare il licenziamento dei quasi 10mila lavoratori che sono coinvolti nella filiera dell’area industriale, con un contraccolpo non indifferente per il settore petrolifero italiano.