Attirare talenti – Lo scopo di Macron è evidente: impedire che la gioventù francese con alte competenze tecnologiche prenda il volo verso lidi più redditizi e accoglienti come la California della Silicon Valley. Il nuovo schema di ricompense permetterà anche agli impiegati di compagnie straniere (ma con staff francese) di acquisire quote della società per cui lavorano a un prezzo prefissato entro un dato intervallo di tempo (cioè le stock option). Il progetto andrebbe a colpire un punto debole della regolamentazione per le start-up, che contribuisce ad alimentare la fuga di talenti europei nella Silicon Valley – l’hub tecnologico americano che vede la più alta concentrazione di aziende neonate al mondo. I nuovi provvedimenti assicureranno anche che le stock option abbiano un prezzo calmierato agli standard di mercato, invece di avere un valore pari alla somma pagata dagli investitori, per evitare di penalizzare i nuovi dipendenti. Saranno anche eliminate le restrizioni sui permessi di lavoro per le start-up, che prevedevano che i datori di lavoro in lizza per il visto avessero base in Francia.
Piano a lungo termine – Cinque miliardi in tre anni: questo è il quadro generale delle misure di Macron per il settore tech. Il progetto di investimento per le start-up tecnologiche è stato annunciato a margine dello scorso France Digital Day (il 18 settembre 2019) e coinvolge fondi sovrani, assicurazioni (Axa, Allianz) e investitori pubblici (Caisse de Depots e l’energetica EDF). L’idea era ed è quella di «allevare come pulcini» le piccole realtà locali per trasformarle in «pesi massimi» e farle competere a livello internazionale – come gli altri sette unicorni francesi, le società che valgono più di un miliardo di dollari. È stata proprio Index Ventures a notare che con quest’ultimo provvedimento la Francia si piazza al quarto posto al mondo per supporto alle start-up, davanti al Regno Unito e agli Stati Uniti ma dietro Estonia, Israele e Canada.
A questo impegno si era già affiancato lo storico provvedimento del presidente nei confronti dei contributi da esigere dalle multinazionali del digitale (la loro digital tax): una nuova tassa del 3% sui profitti interni al Paese è stata introdotta in Francia nel 2019 nei confronti di aziende come Google, Amazon, Facebook e Apple – mossa che aveva alzato le tensioni con il presidente americano Donald Trump che ha minacciato dazi di ritorsione (la risoluzione della questione dovrebbe avvenire proprio a Davos). Il governo francese non sembra intenzionato a limitare le riforme al proprio Paese: il ministro per le Economie Digitali Cédric O ha sostenuto che la Francia vuole essere «un apripista mondiale nella tecnologia», sperando che le iniziative sulle stock option vengano adottate a livello europeo.