Arriva in Senato la manovra 2020. La “Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza” (questo il nome ufficiale), approvata lo scorso settembre e presentata a Bruxelles, vede 30 miliardi di euro ( di cui 16 in deficit) stanziati dal governo Conte Bis per gli aggiustamenti del bilancio pubblico. Ma come dovrebbero essere ripartiti questi fondi e come potrebbe cambiare la pressione fiscale, al netto di eventuali cambiamenti adottati dal Parlamento?

Sollievo fiscale – Oltre 23 miliardi dei 30 stanziati andranno a scongiurare l’aumento dell’Iva. L’unico punto su cui la coalizione di governo Partito Democratico – Movimento 5 Stelle – Italia viva concorda, o quasi, è il congelamento dell’aumento dell’aliquota ordinaria e di quella ridotta, che altrimenti rischierebbero di salire la prima al 25,2% (dal 22%) e la seconda al 13% (dal 10%). Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è detto irremovibile su questo primo punto, che se mancato si tradurrebbe in una «frenata sui consumi, con effetti negativi a cascata sulle prospettive di crescita». L’esecutivo si impegna dunque a disattivare le clausole di salvaguardia, per poi risolvere il problema dell’aumento graduale dell’Iva nel corso del prossimo anno.
Gli altri – pochi – punti su cui le parti del governo giallorosso sono, almeno a parole, unanimi riguardano le politiche a favore delle famiglie, con proposte che spaziano dal bonus bebè ai voucher per gli asili nido, e il taglio del cuneo fiscale, che si tradurrebbe in una busta paga più pesante (di 1.500 euro l’anno) per cui sono stati stanziati 3 miliardi. «Non è una somma ingente, ce ne rendiamo conto», ha risposto Conte alle proteste dei sindacati, aggiungendo che «faremo di più l’anno prossimo e confidiamo che incrementando le risorse potremo metterle a disposizione anche delle imprese». L’ipotesi è di ampliare la riduzione a 5,5 – 6 miliardi per i soli lavoratori dipendenti.

Tasse e dintorni  – La pressione fiscale non si alleggerirà soltanto: dal primo gennaio dovrebbe entrare in vigore la digital tax. La cosiddetta tassa contro i colossi del web, introdotta già lo scorso anno ma mai attuata, dovrebbe introdurre una aliquota unica al 3% sui ricavi delle imprese con oltre 750 milioni di fatturato, di cui almeno 5,5 derivati da prodotti online. Non colpisce quindi solo Amazon e Google ma tutte le vendite online, la pubblicità e le piattaforme digitali, incluse le imprese editoriali.
Stretta anche su commercianti ed esercenti sull’uso del Pos, il terminale di pagamento elettronico che giocherà un ruolo di primo piano come strumento anti-evasione. Chi non si doterà del dispositivo, o non accetterà pagamenti con moneta tracciabile, sarà passibile di una sanzione doppia: oltre a una multa fissa di 30 euro si aggiunge una sanzione del 4% del valore della transazione. La modalità di applicazione è dal basso: saranno i clienti a dover denunciare al Prefetto la violazione, cui seguiranno accertamenti degli agenti della polizia giudiziaria. Nella scia dell’ammodernamento in senso elettronico anche le esenzioni per i buoni pasto: diminuiscono per i buoni cartacei e aumentano sui buoni elettronici.
Calano anche le detrazioni fiscali per i redditi più alti, con l’introduzione di «una soglia di reddito oltre la quale l’agevolazione Irpef relativa a oneri detraibili al 19% si azzererebbe con gradualità».
Dal punto di vista delle misure rivolte verso una maggiore sostenibilità ambientale, per un totale di oltre 4 miliardi, i ritocchi sono molto discussi: eliminazione dei benefici sul gasolio per il trasporto di merci e passeggeri per i veicoli di categoria Euro3 e Euro4, incremento dal 30% al 100% della base imponibile ai fini Irpef del reddito ritraibile per le auto aziendali più inquinanti e l’imposta sugli imballaggi di plastica (1 euro per kg). Infine, lo sconto fiscale del 30% del costo chilometrico annuale sulle auto aziendali in uso ai dipendenti sarà applicato solo agli agenti di commercio.

Pesante eredità – Alcune delle bandiere del governo gialloverde restano, anche se potrebbero subire delle alterazioni. Rimane al suo posto Quota 100, la finestra per la pensione anticipata aperta dalla Lega di Mattero Salvini. Confermato anche il limite minimo di età ai 62 anni, con 38 anni di contributi, per usufruirne. Quasi lo stesso vale per il Reddito di cittadinanza: non si tocca, dice il Movimento 5 Stelle, e l’intenzione è confermata dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (Pd). Le possibili correzioni del meccanismo prevederebbero una temporanea sospensione del sussidio in caso di contratto a termine breve, con la ripresa al termine dello stesso. Le sanzioni per chi non si presenta agli incontri segnalati dai navigator – come richiesto dal Partito Democratico – potrebbero inasprirsi, con l’interruzione momentanea dopo il primo appuntamento mancato e (forse) una sospensione permanente dopo il secondo. Proroghe dovrebbero essere concesse anche a pensione di cittadinanza e Opzione Donna. Per mantenere in piedi le promesse del Conte Uno saranno stanziati, stando alla proposta di legge, dai 3 ai 4 miliardi.
Di Flat Tax non si parla più, ma resta inalterato il regime di aliquote ridotte al 15% per i redditi fino a 65mila euro. Lo stesso per le aliquote ridotte al 5% per le start up degli under35. Nel nulla svanisce la promessa, tutta leghista, di introdurre l’ulteriore aliquota ridotta al 20% per i redditi compresi fra i 65 e i 100mila euro.
Per quanto riguarda la Sanità ci saranno dei tagli al superticket – il costo aggiuntivo di 10 euro a ricetta su visite ed esami in vigore da settembre – con una possibile abolizione completa nel giro di un anno. È prevista infine l’assunzione con contratti di formazione della durata di un anno per (almeno) seimila specializzandi, che permetterà di completare la formazione sul campo.