«Un messaggio» per ricordare a Roma la mancata ratifica del Mes (meccanismo europeo di stabilità). Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dovrebbe ricevere una nota dell’Eurogruppo, l’organo di coordinamento dei ministri delle finanze dei paesi europei, che si riunisce a Bruxelles lunedì 13 marzo 2023. La richiesta è una sola: l’impegno concreto del governo italiano ad approvare la riforma del Mes del 2021. Dopo il via libera della Germania a dicembre e il sì della Croazia, entrata nell’area Schengen a gennaio, l’Italia è l’unico Paese a non averla ancora recepita.
Che cos’è il Mes? – Noto anche come “fondo salva-Stati”, il Mes è un meccanismo di supporto finanziario agli Stati membri. La sua capacità di prestito è di 500 miliardi di euro. Istituito nel 2012 dopo la crisi del debito sovrano innescata dal crollo del 2008, il Mes dovrebbe soccorrere quei paesi con alto debito pubblico che abbiano difficoltà a finanziarsi sul mercato. Le condizioni da rispettare variano a seconda della situazione di chi ne fa richiesta. Ad esempio, i parametri sono meno stringenti per le cosiddette linee di credito precauzionali, ovvero l’assistenza finanziaria fornita a uno Stato in via preventiva, prima che si trovi in difficoltà. Al contrario, in caso di crisi già in atto sono richieste alcune misure correttive. Alla testa del Mes c’è un “Consiglio dei governatori”, composto dai ministri delle finanze dei 19 paesi dell’area euro (presto 20 con la Croazia, la cui adesione al Mes riformato sarà effettiva dal 22 marzo 2023).
La riforma – Ad essere in discussione non è l’adesione al Mes dell’Italia, che anzi è uno degli Stati che ha sottoscritto più capitale (insieme a Germania e Francia), ma solo la ratifica della riforma del meccanismo. Questa prevede tre novità. La prima riguarda il sistema bancario, per il quale il Mes dovrebbe diventare garante di un “fondo di risoluzione comune” per il salvataggio delle banche di interesse europeo. La seconda agisce sull’accesso ai prestiti, introducendo alcuni cambiamenti nei requisiti. La terza invece si occupa delle procedure di soccorso agli Stati a rischio default: al momento della richiesta di aiuto al Mes si procederà a un’analisi della sostenibilità del debito e, se il paese venisse ritenuto non in grado di ripagare i prestiti, a una sua ristrutturazione. Un’ulteriore variazione del Mes originario è il Mes sanitario, proposto nel 2020 per far fronte alle conseguenze della pandemia. In questo caso l’unico vincolo da rispettare è l’utilizzo dei fondi per spese sanitarie.
Uno strumento che divide – Finora i programmi del Mes sono stati utilizzati da Cipro, Portogallo, Irlanda, Spagna e Grecia. L’Italia non ha mai fatto domanda né del Mes ordinario né di quello sanitario. Su quest’ultimo il dibattito è stato acceso e negli anni della pandemia non sono mancate le voci a favore. In particolare Matteo Renzi e Carlo Calenda, leader del Terzo Polo, continuano a sostenere che l’Italia dovrebbe utilizzare quel denaro (37 miliardi di euro) per rafforzare il sistema sanitario. I partiti del centrodestra sono contrari. Il Mes, in Italia, viene associato alle dure condizioni imposte alla Grecia e anche se approvare la riforma del meccanismo non significherebbe richiederne i fondi, la Camera dei deputati a novembre ha comunque votato una mozione che impegna il governo a non recepirla. Nel 2022 l’esecutivo guidato da Mario Draghi ha cercato di portare in aula un decreto legge di conversione della riforma, ma Lega e Fratelli d’Italia hanno fatto muro. Questi partiti contestano soprattutto un punto del nuovo Mes: la possibilità, se uno Stato non riesce a ripagare i debiti, che i detentori dei titoli possano decidere per la ristrutturazione del debito con una votazione a maggioranza. Anche il ministro Giorgetti ha parlato del Mes come di uno strumento «impopolare» e «in crisi». I suoi omologhi europei, tuttavia, lo vogliono ratificato.