Nonostante occupino parte del dibattito pubblico da mesi, i Minibot rimangono un argomento poco chiaro. Si tratta di una particolare forma di titolo di Stato nata da un’idea del deputato leghista Claudio Borghi. Il deputato del Carroccio ha rilanciato la questione della loro emissione dopo i risultati del suo partito alle ultime elezioni europee, attirando numerose critiche da parte di studiosi ed economisti.

Che cosa sono – I Minibot sono dei titoli di Stato ordinari di piccolo taglio emessi in forma cartacea nei tagli da 5, 10, 20, 50, 10, 200 e 500 euro. Come per ogni titolo di Stato, anche al centro dei Minibot c’è il principio della “moneta fiscale”, per cui chi acquista da di fatto in prestito i soldi allo Stato a fronte di un tasso di interesse. Tuttavia, ci sono delle differenze sostanziali rispetto ad altri titoli. Diversamente dai Bot e dai Btp, i Minibot non hanno una scadenza precisa e questo significa che i possessori non conoscono la data in cui riceveranno gli interessi maturati, che non sono garantiti. La scadenza indefinita, in particolare, è dovuta al fatto che i Minibot non sono titoli emessi obbligatoriamente dallo Stato, che quindi può decidere quando immetterli sul mercato a proprio piacimento. Gli interessi, comunque, risultano inferiori a quelli ricavabili da titoli poliennali.

Come funzionano – Nella prospettiva della Lega e del loro ideatore Borghi, i Minibot fungerebbero da vero e proprio mezzo di pagamento utile alla pubblica amministrazione per saldare i debiti contratti nei confronti di fornitori e professionisti. Secondo alcuni esponenti del governo, i Minibot dovrebbero garantire una «boccata di ossigeno» per le imprese che garantirebbero anche un aumento della domanda interna grazie all’acquisto di beni e servizi. Le stesse imprese, però, non si vedrebbero ripagare dallo Stato con moneta ma via titoli e, a loro volta, non possono usare i Minibot per saldare i loro debiti in denaro. I debiti saldabili con Minibot, in particolare, non possono superare i 25mila euro. Un’azienda può usare i Minibot per pagare le imposte ma questo a sua volta porterebbe lo Stato a non ricevere moneta, ma ancora titoli. La conseguenza immediata sarebbe un aumento del debito pubblico per cui lo stesso Stato dovrebbe decidere se chiedere moneta in prestito, vista la sua mancanza fisica, oppure optare per una spending review e attuare tagli.

I dubbi – I Minibot rappresentano cose diverse a seconda del punto di vista e questo sta generando critiche e perplessità. Per la Lega si tratta di un punto cruciale del proprio programma politico, contenuto anche nel contratto di governo tra Carroccio e Movimento Cinque Stelle.  Questo apre alle questioni di chi vede i Minibot come una moneta sostitutiva dell’euro, il che è illegale secondo quanto sancito dall’articolo 128 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. I Minibot, infatti, sono considerati da diversi analisti come un esperimento per una possibile uscita dell’Italia dall’Euro. Altri, come Guido Iodice su Il Sole 24 Ore, parlano già di conseguenze gravi sul sistema economico del Paese.

L’origine e il dibattito – Lo spunto iniziale ai Minibot parte da una mozione votata lo scorso 28 maggio all’unanimità dalla Camera e presentata dal deputato di Forza Italia, Simone Baldelli. Pochi giorni dopo la votazione, il dibattito era già acceso. Dal ministero dell’Economia e della Finanza permeava scetticismo e lo stesso capo del dicastero economico Giovanni Tria ha definito durante un summit in Giappone la manovra come «inutile» rispetto alla risoluzione del debito pubblico. Le dichiarazioni di Tria hanno aperto a una spaccatura nel governo ancora in atto e facevano eco a quelle del presidente della Bce Mario Draghi, che a cinque mesi dalla fine del suo mandato si è espresso sui Minibot con un lapidario «moneta illegale o debito».