Hakim ha 33 anni. Lavora in nero come muratore e ha due bambini da mantenere nel suo Paese d’origine, in Marocco. Di assicurazione e previdenza sociale, neanche l’ombra. Un giorno il capocantiere lo licenzia: senza più lavoro e nessun reddito, il suo padrone di casa lo manda via. Hakim finisce a vivere in strada e il sogno di trasferire la sua famiglia in Italia svanisce. 

E se tutto quello che è successo finora fosse solo un gioco sul cellulare? Hakim stacca gli occhi dallo schermo: per ora ha ancora un lavoro e una casa. Eppure, per lui le cose non sono così semplici. L’app MoneyMize potrebbe salvargli la vita.

Nella città delle opportunità

La “città delle opportunità” vista dall’alto

Hakim è un nome di fantasia, ma la sua storia è simile a tante altre degli oltre cinque milioni di stranieri residenti in Italia. Quasi un abitante su dieci. Il loro corretto inserimento nelle dinamiche finanziarie è un passaggio fondamentale non solo per l’inclusione dei migranti, ma anche per lo sviluppo socio-economico del Paese. 

«L’integrazione parte prima di tutto dall’inclusione finanziaria», spiega Daniele Frigeri, direttore dell’Osservatorio nazionale sull’inclusione finanziaria dei migranti. Da qui l’idea di sviluppare le app MoneyMize: «Abbiamo pensato a degli strumenti che semplificassero questo processo. La prima app è nata nel 2015 come una calcolatrice, che in più dava consigli sugli strumenti finanziari e sul loro impatto su un budget di partenza». 

Hakim inseriva nel suo profilo MoneyMize i soldi che guadagnava ogni mese e l’obiettivo: ricongiungersi con la sua famiglia il prima possibile. A questo punto era la stessa applicazione a suggerirgli le soluzioni più adatte: come richiedere un mutuo, come aprire un conto corrente, ma anche come sostenere situazioni di difficoltà temporanea grazie a un microcredito per famiglia. 

Ma era tutto troppo statico. «Ecco perché nel 2019 abbiamo lanciato MoneyMize 2 Your Life, per trasformare le dinamiche dell’educazione finanziaria in un gioco di ruolo su smartphone». Le scelte che ha fatto Hakim nella sua partita virtuale lo hanno portato a vivere in strada, ma grazie a questo aggiornamento può sapere in anticipo quale sarà l’esito delle sue decisioni. 

Appena iscritto, l’applicazione lo proietta nella “città delle opportunità”, dove dovrà scegliere un lavoro, una casa, un mezzo di trasporto e come impiegare il suo tempo. Nessuno scenario è escluso: si può decidere anche di comportarsi in maniera disonesta, rubando un motorino o intrattenendo rapporti con la criminalità organizzata. Ogni azione avrà un impatto, sia sul suo portafoglio che sul suo umore: «Una dinamicità che fa parte della vita di tutti i giorni. Cosa succede se ti capita un infortunio sul lavoro e non hai un’assicurazione perché lavori in nero?».

Figli, bollette e frigoriferi

Aprire un ristorante, mantenere i figli all’università o comprare un frigorifero. L’esperienza dell’educazione finanziaria attraverso app può aiutare tutti. Ma lo scopo è sempre lo stesso: «Superare la situazione emergenziale continua, che genera stress e crea problemi se succede un imprevisto prima della fine del mese», continua Frigeri. 

L’obiettivo di Hakim in MoneyMize

Quando Hakim è arrivato in Italia aveva già un debito, quello del viaggio. A questo si aggiunge un obbligo morale: far vedere che è in grado di mantenere la famiglia nel suo Paese. E poi arrivano l’affitto, le bollette, l’abbonamento ai mezzi: impegni che sembrano banali, ma messi tutti insieme creano confusione sulle priorità. Senza dimenticare l’ansia e l’urgenza di integrarsi nella nuova comunità in cui ha messo piede da pochi mesi. 

«Per affrontare tutto questo, ci sono ancora i corsi, che con l’Associazione bancaria italiana organizziamo fin dal 2011, data fondamentale per l’inizio dell’ondata migratoria», specifica il direttore dell’Osservatorio. «Ma se con un corso si raggiungono al massimo una ventina di persone alla volta, con un’app si può impattare sulla vita di centinaia di utenti che hanno necessità». Come Hakim.

Il mutuo? Devi aprirlo in italiano

Alcune azioni di gioco in MoneyMize 2 Your Life

«Non ti serve la Ferrari per andare al mercato». In questo semplice concetto è racchiusa tutta l’essenza dell’educazione finanziaria, come racconta Frigeri: «L’alfabetizzazione è la sola conoscenza dei termini e degli strumenti. Educazione finanziaria invece è qualcosa di più, significa saperli usare correttamente, al momento giusto». Conoscere qual è il proprio bisogno e agire di conseguenza, quindi. 

In questo processo non possono essere ignorati alcuni fattori chiave, come la lingua e la cultura finanziaria d’origine. Per Hakim sarebbe molto più facile imparare che cos’è un mutuo se glielo spiegassero in arabo. Qualcuno in realtà già lo fa, come Poste italiane, che ha previsto sportelli in arabo e spagnolo in alcune delle sue filiali. Questo però succede solo nelle grandi città e potrebbe avere degli strascichi negativi: «Nella maggior parte dei casi saranno costretti a spiegarsi in italiano con un operatore, e quando firmeranno un contratto per legge dovranno farlo nella nostra lingua». Questo sicuramente rende tutto più difficile e può limitare la diffusione delle iniziative: «Sia le app che i corsi sono in italiano. Ma è stata una scelta pedagogica: ci abbiamo messo quasi un mese per decidere».

Spesso però l’ostacolo più complesso da affrontare è quello culturale. I migranti, che arrivano da idee di risparmio e accesso al credito molto diverse da quella europea, possono essere condizionati da diverse abitudini, anche morali e religiose. Per Hakim, ad esempio, non è facile abituarsi a uno dei concetti per noi più basilari: “Io ti presto dei soldi e tu me li restituisci con un interesse”.  

Nella sua cultura finanziaria, spesso fondata sui principi della legge islamica, la sharia, tutto questo è semplicemente inconcepibile. Il primo principio è proprio il ribà, il divieto del tasso di interesse. E come spiegargli poi che la banca non può essere socia se mai riuscisse ad aprire un’attività imprenditoriale, o che non può comprare beni e poi rivenderglieli? Nei Paesi arabi questa è la norma. Anche perché, in assenza dei tassi, gli istituti di credito devono pur trovare un modo di assicurarsi un rendimento. 

«Non vogliamo cambiare la loro cultura, ma solo mostrare loro quali strumenti hanno a disposizione. Non si parla nemmeno di differenze abissali: proprio la sharia specifica che se non ci sono soluzioni compatibili con le sue norme, si possono utilizzare quelle messe a disposizione nel Paese in cui ci si trova. Se si vuole comprare un’auto c’è il leasing, per esempio».

Inseguendo la Emme colorata

Se le app MoneyMize possono garantire l’accesso all’educazione finanziaria a un gran numero di utenti, è anche vero che non è così facile avere una precisa conoscenza di quante persone le stiano usando: essendo strumenti che vengono messi a disposizione gratuitamente e senza mediazione, per l’Osservatorio è complesso monitorarne il flusso. «Per noi però la cosa più importante è sapere che chiunque abbia bisogno di integrarsi nella vita democratica della nuova società possa contare su questi strumenti intuitivi».

La strada da fare è ancora lunga, ma i risultati sono incoraggianti: l’indice di inclusione finanziaria dei migranti nel 2010 era bassissimo, intorno al 62 per cento. Due su cinque non avevano un conto corrente. Dieci anni dopo tre migranti su quattro sanno entrambe le cose: cosa sono un mutuo, un’assicurazione o un conto, e come utilizzarli nella maniera corretta. 

Hakim è tra questi tre. Oggi non rischia più di perdere casa e lavoro. Sullo schermo del cellulare c’è ancora la “emme” colorata della città delle opportunità: MoneyMize gli ha spiegato come portare la sua famiglia in Italia.