Antonella Mansi, presidente della Fondazione Mps, con il nuovo Dg Enrico Granata (Ansa)

Antonella Mansi, presidente della Fondazione Mps, con il nuovo Dg Enrico Granata (Ansa)

La riconferma dei vertici del Montepaschi al consiglio di amministrazione del 14 gennaio ha fatto volare il titolo di Rocca Salimbeni in borsa. Nella mattinata successiva al cda, Mps ha segnato in Piazza Affari un rialzo del 2,1% a 0,19 euro. Ma nonostante, per ora, sia tramontata l’ipotesi delle dimissioni del presidente di Mps Alessandro Profumo e dell’amministratore delegato Fabrizio Viola, il futuro della banca rimane più che incerto. Sul destino della Rocca Salimbeni pesa l’obbligo di restituzione dei Monti bond – i 4 miliardi di euro di aiuti di Stato – entro il 2014, pena la nazionalizzazione.

Per ripagare i Monti bond è necessario l’aumento di capitale da 3 miliardi di euro, che, contrariamente alla proposta del management che lo voleva a fine gennaio, era stato rinviato dall’assemblea dei soci dello scorso 28 dicembre a metà maggio. L’azionista di maggioranza di Mps, ossia la Fondazione con il suo presidente Antonella Mansi, aveva fatto valere la sua decisione di rinviare la ricapitalizzazione alimentando le voci di possibili dimissioni di Profumo, in disaccordo con la mossa. Il presidente rimane invece al vertice della banca, ma nella nota emessa dal cda si percepisce la tensione con la Fondazione.

La Fondazione ha optato per il rinvio della ricapitalizzazione tenendo conto della sua necessità di dismettere una quota di propri azioni di Mps per saldare il debito che aveva contratto nel 2011 con un pool di banche per partecipare alla precedente ricapitalizzazione. La cifra da rimborsare ammonta a 340 milioni di euro. L’ambizioso obiettivo della Mansi sarebbe, però, quello di riuscire a ricavare il massimo dalla vendita in modo da conservare una piccola partecipazione nella banca. Per fare ciò ha cercato di rinviare l’aumento di capitale che aprirà le porte alla banca a prezzi da saldo.

Il cda ha fretta di procedere alla ricapitalizzazione perché, come ha spiegato Profumo in un’intervista alla Repubblica, i costi del rinvio dell’aumento a maggio si trasformano in maggiori oneri sui Monti bond che sono valutati in 120 milioni. Profumo e Viola si sono messi al riparo da possibili azioni legali di altri soci su eventuali problemi legati al ritardo dell’operazione decidendo, anche su richiesta della Consob, di avviare alcuni ”approfondimenti di natura tecnico-legale sugli eventuali effetti dannosi conseguenti allo slittamento dell’operazione di aumento di capitale rispetto ai termini originariamente proposti dal cda”.

Anna Lesnevskaya