Era il principio che Adriano Olivetti aveva messo al centro della sua azienda: “Nessun dirigente, neanche il più alto in grado, deve guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario minimo”. Oggi in Italia per ogni euro che guadagnano i più poveri ce ne sono dieci che entrano nel portafoglio dei più ricchi. Questi sono i dati emersi dalle ultime rilevazioni dell’Ocse, organizzazione internazionale per lo sviluppo economico.
La crisi ha ampliato il divario tra la fetta più abbiente e quella più svantaggiata della società, nel nostro Paese così come in tutte le economie avanzate. Ogni anno tra il 2007 e il 2011, le famiglie italiane hanno perso in media l’1,5 per cento di reddito disponibile. Ma il calo non è stato equamente distribuito. Il dieci per cento più povero ha perso ogni anno il 3,9 per cento del suo potere d’acquisto, mentre per il dieci per cento più ricco la perdita è stata dello 0,8 per cento annuo. Come per dire la crisi economica colpisce tutti, ma colpisce di più chi ha di meno.
Le priorità sono allora favorire la ridistribuzione della ricchezza e l’accesso ai servizi pubblici, a partire da scuola e sanità. Questa è l’indicazione dell’organizzazione parigina. Che segnala anche il rischio che le disparità economiche deteriorino la coesione sociale e la qualità della vita, e risultino anche una pesante zavorra per la crescita economica. L’accentuarsi delle diseguaglianze pesa in effetti sul 40 per cento della popolazione più in basso nella scala dei redditi e ha causato per l’Italia una perdita tra sei e sette punti percentuali di crescita tra il 1990 e il 2010.
Ma c’è chi – ben prima del rapporto Ocse – ha definito il divario incolmabile. Per l’economista francese Thomas Piketty, chi è nato o è diventato ricco è destinato ad essere sempre più ricco, perché il rendimento del capitale è superiore alla crescita dell’economia reale (Pil) e del reddito. In uno scenario come quello europeo, in cui l’economia non cresce, sarà facilissimo vivere di rendita e mantenere la propria posizione. Per questo Piketty, nel suo libro “Il capitale del XXI secolo”, propone la tassazione progressiva dei grandi patrimoni, con una lotta senza quartiere ai paradisi fiscali e norme severissime sull’evasione.
Alessia Albertin