Quando si parla di patrimoniale l’opinione pubblica si divide: per alcuni è una misura di equità sociale, per altri un grave limite alla crescita economica del paese, nonché un incentivo a far fuggire i grandi capitali. Anche con l’avvento della manovra 2026 si è tornato a parlarne, ma nel mare magnum dei dibattiti politici passa, a volte, in secondo piano il vero funzionamento dell’imposta, quindi cosa sia, come funzioni e chi davvero ne risenta.

Cos’è – Si tratta di un’imposta che prende di mira la ricchezza posseduta dal singolo, piuttosto che il reddito che produce. In questo caso quindi a essere tassato sarà il valore dei beni di proprietà, come per esempio gli immobili (spesso la prima casa è comunque esclusa) o i terreni, i titoli finanziari, i conti correnti, le opere d’arte e altri oggetti del lusso. Viene chiamata anche imposta d’emergenza, perché se ne parla spesso quando le casse pubbliche hanno un bisogno urgente di denaro.

Come funziona – La patrimoniale colpisce la ricchezza accumulata dal singolo cittadino, si calcola infatti sommando il valore di tutti i beni posseduti e sottraendo i debiti (ad esempio un mutuo). Dopodiché lo Stato stabilisce sia una soglia di esenzione, ovvero un limite sotto il quale non si paga l’imposta, così da tutelare il ceto medio e i lavoratori. Inoltre si introduce un’aliquota, ovvero una percentuale che viene applicate alle somme che superano la soglia. La patrimoniale può essere una tantum, oppure annuale, come accade con alcune imposte già presenti nell’economia del nostro Paese.

Imu e dintorni – In realtà in Italia esistono già forme di imposte patrimoniali, che però riguardano in modo frammentato i beni degli individui. A partire proprio dall’Imu, la tassa sugli immobili che colpisce seconde case e locali non abitativi e che nel 2024 ha generato oltre 16 miliardi di euro. Ma non c’è solo questa: anche il bollo su conti e titoli finanziari e altri prelievi su beni di lusso rientrano in quelle che possiamo definire patrimoniali parziali.

Chi ne risentirebbe – Per ora non c’è nulla di concreto nella vicenda a parte la proposta della Cgil lanciata dal suo segretario Maurizio Landini in preparazione di uno sciopero generale previsto per il 12 dicembre. Il valore dell’eventuale soglia di esenzione non è quindi ancora chiaro. Landini nella sua proposta ha indicato due milioni di euro di patrimonio. In questo caso: «Applicando l’ipotesi di aliquota effettiva dell’1,3% a chi detiene almeno due milioni di euro, pari a 500 mila contribuenti, si otterrebbe un gettito addizionale annuo di circa 26 miliardi di euro», ha dichiarato il leader sindacale.

Esempio di patrimoniale – Per fare chiarezza è utile concentrarsi su un esempio concreto di come funzionerebbe un’eventuale patrimoniale. Basandosi sulle dichiarazioni di Landini e ipotizzando quindi una soglia di esenzione fino a due milioni, lo Stato si muoverebbe così: prima il calcolo dei possedimenti. Immaginiamo un valore immobiliare (esclusa la prima casa) di due milioni, più titoli azionari per un milione, più altri beni per 500 mila euro, con un mutuo di 200 mila euro. Il risultato sarebbe di tre milioni e 500 mila euro, a cui sottrarre 200 mila euro perché intesi come debito. Sul valore finale di tre milioni e 300 mila va sottratta la soglia di esenzione, quindi due milioni, e calcolata l’aliquota sul restante. L’1,3% quindi nel caso in esame si applica a un milione e 300 mila e non sul patrimonio totale. Quindi il contribuente andrebbe a pagare 16 mila 900 euro, cui andrebbero comunque sommati i prelievi delle ordinarie tasse sul reddito (Irpef, Capital gain, cedolare secca, eccetera)