Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit, si taglia lo stipendio del 40%, portandolo a 1,2 milioni di euro, rinuncia alla buonuscita e non percepirà bonus per il 2016 e per l’intera attuazione del nuovo piano industriale. È quanto si legge nel capitolo relativo alle retribuzioni del nuovo piano strategico del gruppo bancario, approvato dal cda e annunciato a Londra dallo stesso ceo del gruppo.
Ma l’attenzione di dipendenti e osservatori è andata a ben altre riduzioni previste dal piano 2016-2019, denominato Transform 2019. Sono 6500 infatti i nuovi esuberi pianificati nel quadriennio, che sommandosi ai tagli già annunciati portano la riduzione del personale a 14.000 unità. Il 27% degli sportelli italiani saranno chiusi, per un totale di 883 filiali. Una riduzione di un quarto della presenza fisica sul territorio, in linea con il restringimento dell’intera rete dell’Europa occidentale. Si salva la Germania, in cui non sono previste chiusure di sportelli.
Uno dei pilastri del nuovo piano industriale del colosso bancario consiste quindi nella riduzione del personale. A febbraio la questione degli esuberi era stata gestita positivamente dall’azienda e il segretario nazionale First Cisl, Pierluigi Ledda, aveva definito soddisfacente quanto fatto dal gruppo «sia per quanto riguarda le condizioni di accesso all’esodo volontario del personale, sia sul versante della definizione del premio aziendale». Ora che la riduzione dei dipendenti a tempo pieno arriva a 14.000 unità, con risparmi del costo del personale di 1,1 miliardi, resta da vedere come saranno gestiti i nuovi esuberi.
Nel frattempo il sindacato del settore creditizio, la Uilca, critica i tagli: «Basta infierire sul personale, che i colpevoli paghino di tasca loro» e definisce il piano peggiore delle aspettative. Il segretario generale Massimo Masi parla di «vendita dei gioielli di famiglia» riferendosi alla banca polacca e alle quote di Fineco Banca, ma soprattutto critica la politica di massiccia «riduzione del costo del lavoro».
L’attenzione dei vertici del gruppo va anche ai crediti deteriorati, con 8 miliardi di rettifiche che porteranno le coperture delle sofferenze a superare il 75%. L’obiettivo è quello di svalutare le sofferenze internamente per arrivare nel 2019 a dismissioni graduali che non comporteranno costi significativi. La politica di riduzione del rischio prevede una cartolarizzazione di 17,7 miliardi di sofferenze (Npl). L’altro punto centrale del piano industriale prevede un aumento di capitale da 13 miliardi di euro nel primo trimestre 2017. Sommandolo alle cessioni di Piooner, Pecao e parte di Fineco si arriva a un totale di 20 miliardi di nuove risorse.
Per il 2016 non è previsto nessun pagamento dei dividendi, e a partire dai prossimi anni la distribuzione dei dividendi cash sarà compresa tra il 20% e il 50%. L’obiettivo di utile previsto al 2019 è pari a 4,7 miliardi di euro e il rapporto tra costi e ricavi inferiore al 52%.