«Un rallentamento peggiore del previsto nel 2018, incertezza di policy globale e domestica e una prospettiva degli investimenti molto meno favorevole». Così la Commissione Ue giustifica il taglio delle stime di crescita economica per l’intera Unione Europea, rispetto alle previsioni d’autunno. Rivisto al ribasso il Pil dei 27 membri Ue, con l’1,9% per il 2018 rispetto al 2,1% di novembre, e l’1,5% per il 2019 dall’1,9%. L’economia europea crescerà ancora per il settimo anno consecutivo nel 2019 in tutti gli Stati membri, ma a pesare sarà «un outlook generalizzato di grande incertezza», dicono da Bruxelles. «Non c’è motivo di creare allarmismi. Non c’è nessuna recessione e non è prevista una manovra correttiva», ha detto il ministro dell’Economia Giovanni Tria in aula alla Camera. Intanto lo spread sale a 280 punti base.

L’Italia – Nel 2019 il Pil italiano salirà solo dello 0,2%, molto meno dell’1,2% anticipato nelle previsioni autunnali. L’Italia resta fanalino di coda in Ue. «Oltre a fattori esterni che si ripercuotono su molti Paesi, notiamo che in Italia l’incertezza sulle politiche economiche ha avuto ripercussioni negative sulla fiducia delle imprese e sulle condizioni finanziarie», dice il vicepresidente della Commissione Vladis Dombrovskis. Nel 2020 è prevista una ripresa della crescita allo 0,8%, sostenuta dai consumi privati, «aiutati da un aumento delle entrate reali disponibili a causa dei prezzi più bassi del petrolio» e solo «marginalmente» supportata dall’introduzione del reddito di cittadinanza, scrive la relazione di Bruxelles. La ripresa, però, sarà in parte «smorzata dalle prospettive dell’occupazione in deterioramento» e gli investimenti «decelereranno nel 2019 per restare fermi nel 2020». Gli export, dopo la frenata della prima metà del 2018 si sono ripresi, e cresceranno «con un passo più vicino» a quello della domanda estera. Mentre il rallentamento degli investimenti riduce la crescita dell’import, gli export netti «forniranno sostegno marginale alla crescita del Pil». Per l’inflazione, la stima della Commissione Ue per il 2019 è dell’1%, poi salirà all’1,3% nel 2020. Previsioni allarmanti condivise dall’Ufficio parlamentare di bilancio (+0,4% con rischi al ribasso) e dal Fondo monetario internazionale, che conferma la stima di dicembre (+0,6%) e insiste sul rischio di “contagio”. «Confermiamo le nostre valutazioni di crescita», dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in conferenza stampa con il primo ministro libanese Saad Hariri a Beirut. «Le previsioni degli economisti? Questi professoroni non ne hanno mai beccata una negli ultimi 10 anni. Noi tiriamo dritti per la nostra strada: meno tasse, più lavoro», gli fa eco il ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Gli altri Stati dell’Unione –  «Un alto livello di incertezza circonda l’outlook economico e le proiezioni sono soggette a rischi al ribasso», in particolare dovuti a «tensioni commerciali, che hanno pesato sulla fiducia per un certo periodo» anche se ora «si sono in qualche modo alleviate ma restano una preoccupazione», si legge nelle previsioni invernali di Bruxelles che tagliano le stime del Pil di tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. A gravare anche «l’economia della Cina che può rallentare in modo più netto del previsto, i mercati finanziari globali e molti mercati emergenti sono vulnerabili a cambiamenti improvvisi nelle aspettative di crescita». E in più «per l’Ue il processo della Brexit resta una fonte di incertezza» in grado di impattare sui consumi. Tra i maggiori Stati membri, le revisioni al ribasso della crescita colpiscono, oltre che l’Italia, anche Germania e Olanda. Il Pil di Berlino è stato rivisto all’1,1% dall’1,8%, mentre quello di Amsterdam all’1,7% dal 2,4%, con un taglio per entrambi dello 0,7%, meno rispetto all’1% dell’Italia.