Nel Monopoly, quando si pesca la carta “probabilità”, le alternative sono due: che si sia fortunati o sfortunati. A volte è un vantaggio, altre una seccatura, come il pagare una multa. Il gioco qui è diverso, ed è un gioco molto serio, dove girano miliardi: è il RisiKo bancario, e UniCredit ha appena pescato una carta vincente. 30 giorni in più ottenuti dalla Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) – l’organo di controllo del mercato finanziario italiano – nell’offerta pubblica di acquisto di Banco BPM.
Ma perché questa posticipazione porta acqua al mulino di UniCredit, nel gioco di potere ai vertici bancari?
La mossa – Per rispondere, bisogna evocare un’altra immagine: quella dello stallo alla messicana, e in particolare l’iconica scena del film Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone, quando i tre protagonisti, in cerchio, tengono le pistole puntate l’uno contro l’altro. I contendenti, in questa impasse che ha portato a 30 giorni di dilazione, sono UniCredit, Banco BPM e il governo, che in questo caso riveste il ruolo di sceriffo.
Il governo, facendo leva sullo strumento giuridico del Golden power, ossia sul diritto dell’esecutivo di intervenire in operazioni societarie rilevanti al fine di difendere gli interessi nazionali, aveva posto delle condizioni ben precise a UniCredit, nella sua proposta di acquisizione di Banco BPM. In altre parole, ha posto rigidi paletti all’Ops, ossia all’Offerta pubblica di scambio. E queste condizioni sono state dichiarate irraggiungibili da UniCredit. I 30 giorni aggiuntivi alla deadline dell’offerta (inizialmente prevista per il 23 giugno) diventano allora cruciali: UniCredit potrà negoziare coi funzionari governativi, nel tentativo di ottenere condizioni contrattuali migliori. Fonti interne all’esecutivo, tuttavia, riportano l’inflessibilità su eventuali modifiche.
Il terzo contendente, Banco BPM, vista la situazione di confusione e di scarsa trasparenza nel braccio di ferro fra UniCredit e il Golden power, ha chiesto l’annullamento dell’offerta. Banco BPM ha anche fatto sapere che «adotterà ogni opportuna iniziativa presso le sedi competenti» rispetto a quello che viene definito un provvedimento «abnorme e in contrasto con la prassi dell’Autorità».
Le condizioni poste dal governo – Le prescrizioni contenute nel decreto del 18 aprile – quei paletti che appaiono difficilmente modificabili – sono cinque.
1) Uscita dal mercato russo entro gennaio 2026: UniCredit dovrà cessare tutte le attività in Russia entro il 18 gennaio 2026.
2) Mantenimento della rete di filiali e dei livelli occupazionali. Il governo impone il mantenimento dell’attuale rete di filiali di Banco BPM, evitando chiusure che potrebbero compromettere l’accesso al credito per famiglie e piccole e medie imprese. Inoltre, si richiede la salvaguardia dei livelli occupazionali, a tutela dei dipendenti e della stabilità del sistema bancario.
3) Stabilità del rapporto tra prestiti e depositi. UniCredit dovrà garantire il mantenimento di un rapporto stabile tra prestiti e depositi per almeno cinque anni dopo l’acquisizione di BPM.
4) Garanzie sulla strategia industriale e sulla governance. Il governo ha espresso preoccupazioni riguardo alla mancanza di informazioni dettagliate sul piano industriale post-fusione e sulla governance della nuova entità bancaria. Chiede quindi maggiori garanzie su medio-lungo periodo.
5) Sanzioni in caso di inadempienza. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri prevede sanzioni amministrative in caso di violazione delle prescrizioni imposte. Le multe possono variare da un minimo di 300 milioni di euro fino a un massimo di 20 miliardi di euro, pari al doppio del valore dell’operazione.
Il contesto – L’operazione si inserisce in un periodo di grande movimento bancario, il famoso RisiKo: il Monte dei Paschi di Siena è infatti in trattativa per l’acquisizione di Medio Banca, mentre continuano gli scontri per il controllo della compagnia assicurativa triestina Generali, che gestisce 600 miliardi di risparmi.