Non si ferma la discesa del rublo, in quello che dagli analisti è già stato denominato “il giorno del giudizio”. Non ha avuto l’effetto sperato la controffensiva della Banca Centrale Russa, che nella notte tra lunedì 15 e martedì 16 dicembre ha alzato da 10,5 a 17 per cento i tassi d’interesse, nella speranza di bloccare un’inflazione ai massimi storici. Dopo la sessione della notte, nella quale la Borsa di Mosca ha toccato -10%, martedì mattina il dollaro è arrivato a quota 66,7 rubli, mentre l’euro è ora scambiato a 83. La situazione è aggravata anche dal prezzo del petrolio in continua caduta, che ha toccato i minimi storici e per la prima volta dal 2009 è sceso sotto i 55 dollari al barile.
È una vera e propria guerra quella intrapresa dalla Banca Centrale Russa contro il crollo della moneta nazionale. Guerra che mette in conto la dilapidazione delle riserve monetarie. La Bank Rossii ha infatti già speso 80 miliardi per la manovra di salvataggio, che appare ora disperata. Non si prevedono per il momento altre manovre, dopo l’inefficace innalzamento dei tassi di martedì 16 dicembre, il sesto in un anno. È stata infatti smentita anche l’ipotesi di tagliare la produzione di petrolio allo scopo di ridare slancio al prezzo del greggio. “La Russia non è un Paese che modifica la sua fornitura, manterremo la produzione invariata”, ha detto il ministro dell’energia russo, Alexander Novak, al meeting di Doha tra i Paesi esportatori di gas.
Per un’economia come quella russa, che basa un quarto del Pil sull’energia, il deprezzamento del petrolio è il maggiore fattore di crisi. La Banca Centrale ha avvertito che se i valori rimarranno invariati (60 dollari al barile) la contrazione per il Pil russo nel 2015 potrebbe passare dall’attuale “zero virgola” al 4,5-4,7%. Una bella batosta per l’economia di Mosca, già colpita dalle sanzioni economiche varate durante la crisi in Ucraina e da una fuga di capitali pari a circa 120 milioni di dollari. Il Cremlino, che finora non ha commentato le misure scelte da Bank Rossii, fa l’ennesimo appello agli investitori che hanno capitali all’estero: ”riportate in patria i vostri patrimoni, per voi ci sarà un’amnistia”.
Gabriele Nicolussi