Uno scudo in difesa dei lavoratori e un aiuto per lo Stato. Per Pasquale Tridico, dal 15 giugno ex presidente dell’Inps, il salario minimo è un’occasione per le casse del Tesoro: «Questa riforma comporterebbe un maggiore gettito e minori sussidi. Un vantaggio da 1,5 miliardi l’anno», rivela in un’intervista a La Stampa. Il tema è al centro del dibattito politico con le opposizioni unite, mentre la maggioranza tira dritto: «Non sono convinta che al salario minimo si possa arrivare per legge», afferma la presidente Giorgia Meloni al Corriere della Sera. La leader del Pd Elly Schlein e il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte hanno partecipato a una conferenza all’Università Roma Tre, “Inflazione e salari: quali politiche?”, con i segretari della Cgil Maurizio Landini e della Uil Pierpaolo Bombardieri. La Cisl di Luigi Sbarra ha invece una posizione più critica.
Win-win – In Italia esistono 1.011 tipologie di contratti. Una giungla per i lavoratori e un’arma in più per le imprese, secondo Tridico: «Si sceglie questo o quell’altro a seconda della convenienza, scatenando una corsa al ribasso dei compensi». Perciò, una legge sul salario minimo per l’ex inquilino di via Ciro il Grande, sarebbe la soluzione per lavori sottopagati e contratti “pirata”. Una retribuzione pari a 9 euro l’ora per tutti con margini liberi per i rialzi in sede di contrattazioni collettive con i sindacati. Una base salariale uguale per tutti non sarebbe solo un vantaggio per i lavoratori ma anche per le casse dello Stato: 1,5 miliardi di euro di entrate in più l’anno. Le pensioni, secondo simulazioni dell’Inps, aumenterebbero del 10% per tutti coloro che stanno sotto la soglia dei 9 euro. Un confronto,quindi, dove ogni parte coinvolta ne esce soddisfatta, un “win-win” come dicono gli inglesi. Il salario minimo è già applicato in altri Paesi europei, come la Germania dove sta a 12 euro, ed è previsto da una direttiva europea.
La tesi del governo – «L’approccio del governo va nella direzione di favorire una contrattazione collettiva sempre più virtuosa». La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è contraria a un’adozione del salario minimo per legge. Secondo la leader di Fratelli di Italia il confronto tra imprese e sindacati rimane centrale. Il ruolo che compete al governo consiste nell’investire nelle agevolazioni fiscali e contributive stando in posizione d’ascolto nei confronti di Cigl, Cisl e Uil: «Il tavolo con le parti sociali è sempre aperto e noi ci confrontiamo con tutti, senza problemi».
Non credo che il Governo sia “contro i poveri”. Penso che abbia un’idea diversa, che reputiamo sbagliata, su come risolvere la questione della povertà lavorativa. Questa idea appare oggi però poco definita. Se dichiari “il lavoro povero si combatte solo con i contratti”, devi…
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) July 3, 2023
Opposizione (quasi) unita, sindacati divisi – Schlein e Conte hanno partecipato a una conferenza alla Scuola di Economia e studi aziendali dell’Università di Roma Tre. Il presidente della Società italiana di economia Mario Pianta durante l’evento ha descritto la situazione attuale: «I redditi reali hanno perso il 15% del potere d’acquisto in due anni, le politiche per la lotta all’inflazione sono profondamente sbagliate e aprono una prospettiva di recessione». Il tema era “Inflazione e salari: quali politiche?”, un’occasione di confronto con i segretari Landini e Bombardieri per rilanciare la calendarizzazione della proposta di legge sul salario minimo. Tra i firmatari ci sono quasi tutti gli esponenti dell’opposizione, l’unico a mancare è il leader di Italia Viva Matteo Renzi. «Questa proposta di legge non ha senso tecnicamente e se vogliono usare il salario minimo per unire le opposizioni in maniera demagogica noi non ci siamo», ha affermato il senatore di Iv Enrico Borghi. Una critica simile a quella avanzata dal segretario della Cisl Luigi Sbarra: «Non è che siamo contrari al salario minimo, ma pensiamo che ci possa arrivare con la contrattazione anche per evitare di creare alibi e pretesti alle imprese, che a quel punto possono decidere di uscire dall’applicazione dei contratti».