Sarà l’offerta di un aumento di capitale da 225 milioni presentata dal cda del gruppo Salini-Impregilo a salvare Astaldi. La proposta del gigante delle costruzioni per rilevare il gruppo romano, da tempo in crisi, arriva giusto in tempo per presentare al tribunale un piano di garanzia di continuità aziendale di Astaldi. In cambio, Salini si assicura il 65% delle azioni diventando socio di maggioranza, mentre agli attuali proprietari resterebbe solo il 5%. Si tratta, spiega la società, di «un’opportunità per creare uno dei maggiori operatori globali con un portafoglio commesse Epc (engineering, procurement and construction, ndr) combinato di circa 33 miliardi e oltre 45 mila dipendenti». Le azioni delle due società volano in Borsa: Astaldi ha chiuso in rialzo del 15%, a 0,797 euro, mentre Salini Impregilo è balzata del 10,46% a 2,06 euro.

La crisi di Astaldi – Una grande opera in Turchia che non ha dato il rendimento sperato è solo l’ultimo passo verso il crac finanziario di Astaldi. All’origine dell’aggravarsi della situazione, ad agosto, c’è la mancata ricapitalizzazione inserita all’interno di un più ampio e articolato piano di rafforzamento da oltre 2 miliardi. Il problema è che il consorzio di garanzia dell’aumento pone come condizione l’arrivo di un’offerta vincolante per la cessione da parte di Astaldi della propria quota del 33,3% della concessione per il terzo Ponte sul Bosforo. Ma la pretesa, complice la crisi turca al culmine proprio nei mesi estivi, è impossibile da rispettare per Astaldi che vede sfumare l’intero piano di rafforzamento patrimoniale, perdendo l’unica possibilità di incrementare la propria liquidità ormai erosa. A ciò si aggiunge l’esposizione verso la società pubblica venezuelana Instituto de Ferrocarriles del Estado pari a 433 milioni per la realizzazione consortile di tre progetti ferroviari. Le banche non concedono alcuna fiducia ad Astaldi, negando qualsiasi piano di ristrutturazione dei debiti, e il 2 ottobre arriva il colpo di grazia dall’agenzia di rating Standard & Poor’s che la declassa al rango D, decretando il default. Segue il commissariamento e la richiesta di un concordato in bianco per salvare il colosso edile. Le quotazioni in borsa crollano del 65%.

Il salvataggio di Salini – Il colpo di scena nella crisi di Astaldi arriva subito dopo il declassamento di S&P. Salini-Impregilo a ottobre 2018 scende in campo per cercare di salvare la società sull’orlo del baratro con l’obiettivo di «valutare ogni possibile opzione coerente con i propri obiettivi di disciplina finanziaria e creazione di valore». L’offerta di Salini per l’aumento di capitale, interessata alle sorti del gruppo partner in molti progetti, arriva solo all’ultimo giorno utile per presentare il piano di salvataggio in tribunale. 225 milioni e in cambio il 65% del capitale post aumento di una società «sostanzialmente esdebitata», dicono da Salini. Un altro 30% resta in mano ai creditori, che vedrebbero convertito il proprio credito in nuove azioni, mentre alla famiglia Astaldi (attualmente al 69%) resterebbe solo il 5%. L’offerta è condizionata tra l’altro al «contributo di coinvestitori di lungo periodo» e «alla disponibilità delle banche di concedere linee di credito» ad Astaldi. Offerta che a stretto giro ottiene il via libera dal cda di Astaldi. Il board, si legge in una nota della società , «avendo ricevuto una offerta da parte di Salini impregilo, ha approvato la presentazione del piano e della proposta concordataria».