«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» recita l’articolo 32 della Costituzione. Salute che dovrebbe essere garantita dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), finanziata dalle tasse. Prestazioni che teoricamente dovrebbero inoltre essere offerte in modo omogeneo da nord a sud. Teoricamente perché, come emerge dai risultati elaborati dal ministero della Salute in un report che monitora qualità e quantità dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) assicurati dallo stesso servizio nazionale, vale invece la regola non scritta “regione che vai, cure che trovi”. Con uno squilibrio che penalizza le regioni meridionali.
I dati – L’esame degli indicatori “core” fotografa tra 2019 e 2023 un trend di miglioramento soltanto per gli ospedali, il cui peso specifico incide però sull’intera assistenza per il 50%. L’altra faccia della medaglia riguarda il peggioramento continuo per l’area della Sanità territoriale (ambito distrettuale) e per le attività di prevenzione. Tra i dati favorevoli spiccano 12 regioni – Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna – e la Provincia Autonoma di Trento che registrano un punteggio superiore a 60 in tutte le macro-aree. Tra queste si distinguono in particolare il Veneto e la Toscana che hanno valori oltre il 90. Il Veneto prevale sia nella prevenzione (98, a pari merito con la Provincia Autonoma di Trento) sia in ambito distrettuale (96). Il risultato migliore a livello nazionale nell’area ospedaliera è invece quello della Provincia Autonoma di Trento che raggiunge i 97 punti. Un elemento positivo che emerge a livello nazionale è il fatto che nessuna Regione e Provincia Autonoma abbia valori inferiori alla soglia in tutte le macro-aree. Ma alcune regioni hanno forti criticità: le maggiori si registrano in Abruzzo, Calabria e Sicilia, negative negli ambiti Prevenzione e Distrettuale, e in Valle d’Aosta, che ha il punteggio peggiore a livello nazionale sia nell’ambito ospedaliero sia distrettuale. La regione alpina è infatti l’unica con un valore rosso per quanto riguarda l’area ospedaliera (53/100), mentre nell’ambito distrettuale la valutazione è specchiata: 35/100. Nell’area della sanità pubblica e della prevenzione il valore più basso è invece quello della Calabria, che si ferma a 41.
I parametri – I risultati del monitoraggio dei Lea sono stati ricavati attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg), strumento per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria operativo dal 1° gennaio 2020. Nel Nsg sono presenti 88 indicatori, distribuiti per macro-aree. La maggior parte di questi riguarda le tre macro-aree già citate: l’assistenza distrettuale (33), l’assistenza ospedaliera (24) e la salute pubblica (16). L’ambito di azione dei tre ambiti è chiarito nell’ultimo aggiornamento dei Lea del 2022. L’assistenza distrettuale considera i servizi sanitari e sociosanitari diffusi sul territorio, dalla medicina di base all’assistenza farmaceutica, dalla specialistica e diagnostica ambulatoriale fino alle residenze per gli anziani e i disabili. L’assistenza ospedaliera si declina nell’assistenza in pronto soccorso, in ricovero ordinario, in day hospital e day surgery, in strutture per la lungodegenza e la riabilitazione. Nell’ambito della salute pubblica rientrano invece le attività di prevenzione come la tutela dagli effetti dell’inquinamento, dai rischi infortunistici negli ambienti di lavoro, oltre a sanità veterinaria, vaccinazioni e medicina legale. All’interno del Nsg è stato poi individuato un sottoinsieme di 22 indicatori, chiamato “core” (nucleo), da utilizzare specificatamente per la valutazione dell’erogazione dei Lea da parte delle Regioni. Per ciascuno di questi viene calcolato, un punteggio su una scala da 0 a 100, con il punteggio 60 corrispondente alla soglia di garanzia minima (ovvero di “sufficienza”). Come spiegato sempre nel portale del ministero della Salute, affinché l’esito della valutazione complessiva sia positivo, il punteggio di tutte e tre le macro-aree deve essere pari o superiore a 60 in modo da non consentire la compensazione tra differenti macro-aree.
L’autonomia differenziata – Nei mesi scorsi i Lea, insieme ai Lep (Livelli essenziali di prestazione) e Leps (Livelli essenziali di prestazione sociale), sono stati al centro del dibattito sull’autonomia differenziata. La legge sull’Autonomia differenziata, firmata dal ministro Roberto Calderoli e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 26 giugno 2024, è una norma che consente alle Regioni di richiedere competenze aggiuntive in 23 materie, tra cui la sanità. I contenuti principali della legge sono però stati dichiarati illegittimi da una sentenza della Corte costituzionale. La stessa Corte ha poi dichiarato inammissibile la proposta di un referendum poiché «verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale». La legge mira infatti a implementare la riforma del Titolo V della Costituzione, introdotta nel 2001, e a ridefinire così i rapporti tra Stato centrale e Regioni a Statuto Ordinario.