Parte giovedì 27 febbraio la trattativa del comparto Istruzione e Ricerca per il rinnovo del contratto della scuola 2022/2024. Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha firmato due giorni fa, 22 febbraio, l’atto di indirizzo per aprire i tavoli di confronto. L’incontro avverrà presso l’Aran (l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), per definire l’accordo atteso da oltre 1,28 milioni di dipendenti, tra professori, ricercatori, personale Ata e amministrativo. Come da prassi più che consolidata, i negoziati per i rinnovi partono a contratto da tempo scaduto.

Stipendi – A disposizione 3,201 miliardi di euro, come stabilito dal documento firmato dal ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo, a cui vanno aggiunti i 43 milioni l’anno stanziati per la formazione. Secondo le prime stime, l’aumento medio degli stipendi dovrebbe essere attorno a 140 euro lordi mensili. Questo però con significative differenze a seconda della categoria professionale e dell’anzianità. Per quanto riguarda i docenti, l’aumento dovrebbe partire da 150 euro lordi al mese, che potrebbero raggiungere i 160 euro grazie a 200 milioni aggiuntivi stanziati dall’ultima Legge di bilancio. Il ministero prevede un incentivo una tantum, in misura non inferiore al 10% e non superiore al 20% dello stipendio, per gli insegnanti disponibili a un’ulteriore offerta formativa. È il caso dei tutor e degli orientatori ma anche dei collaboratori dei dirigenti scolastici e dei responsabili di progetto. Le somme previste per il triennio 2025/2027, sostiene Orizzonte Scuola, saranno così suddivise: 1.755 milioni di euro per il 2025, 3.550 milioni per l’anno 2026 e 5.550 milioni annui a partire dal 2027.

Formazione incentivata – Secondo l’atto d’indirizzo, il contratto prevede che il docente, interessato a svolgere funzioni aggiuntive rispetto a quelle di insegnamento, frequenti un percorso di formazione della durata di tre anni. Al termine di questo corso, inoltre, l’insegnante dovrà superare un esame finale con valutazione positiva e solo allora potrà ricevere l’incentivo economico legato all’offerta formativa. In questo modo i premi  aggiuntivi andranno a chi avrà avuto i voti migliori, limitando la quota dei beneficiari. Ma non è finita. Dopo questo esame, si avrà accesso ad altri due trienni di formazione, alla fine dei quali – sempre dopo una valutazione positiva – il docente acquisirà il diritto a ricevere un assegno fisso annuale ad personam, cui sarà possibile aggiungere anche un’ulteriore parte variabile connessa all’effettivo impiego nelle attività di supporto della scuola.

Valutazione dei dirigenti – Agli esiti di una valutazione sarà collegata anche la retribuzione di risultato. Il ministro Valditara ha infatti emanato il decreto sul Sistema nazionale di valutazione dei risultati dei dirigenti della scuola. Questo provvedimento sarà in vigore già a partire dall’anno scolastico in corso. La valutazione dei presidi avverrà tenendo conto della specificità delle funzioni e sulla base degli strumenti e dei dati a disposizione del sistema informativo del ministero. Il procedimento sarà strutturato in due fasi: la prima di assegnazione degli obiettivi (di rilevanza regionale); la seconda, di valutazione finale, a cura dei direttori degli Uffici scolastici regionali.

Sindacati – I sindacati arrivano alla trattativa pronti a chiedere ulteriori risorse. I più agguerriti, fino alla minaccia di non sottoscrivere l’intesa, appaiono la Flc-Cgil e Uil Scuola Rua. Secondo le organizzazioni dei lavoratori, l’aumento non copre l’inflazione e si regge su meno di 160 euro lordi mensili, di cui la metà già assegnati da oltre un anno attraverso l’indennità di vacanza contrattuale. «Sappiamo bene che le risorse a disposizione non soddisfano pienamente le attese di queste categorie di lavoratori», ha puntualizzato Ivana Barbacci, leader della più moderata Cisl scuola, «ma mi auguro che nessuno ceda alla tentazione di inseguire obiettivi irrealistici». I sindacati sono divisi anche sulla questione che riguarda i presidi tanto che Cgil e Uil lo ritengono un provvedimento da bocciare: «serve solo a esercitare un controllo diretto sull’attività dei dirigenti scolastici», dice Gianna Fracassi, segretaria della Flc-Cgil. «Si tratta di una procedura che non supporta il lavoro dei presidi, ma li mette in competizione tra loro, come se fossero top manager di un’azienda e non figure fondamentali per la crescita e l’organizzazione della scuola», aggiunge Giuseppe D’Aprile, segretario generale della Uil Scuola.