Cosa succederà nel lungo periodo sui mercati europei dopo il fallimento della Silicon Valley Bank. Secondo Stefano Caselli, direttore della SDA Bocconi School of Management, gli effetti sull’Europa saranno minimi e, nonostante il lunedì nero delle Borse del 13 marzo, un vero e proprio contagio appare improbabile.

Com’è possibile che nessuno abbia lanciato un allarme fino alla fine?
Siamo in un luogo sui generis. La mancanza di intervento da parte della Federal Reserve ha fatto sì che i problemi venissero sottostimati. Nel mondo considerato perfetto delle startup si è arrivati a negare pure l’evidenza. È probabile che, se fosse accaduto in un’area depressa, ce ne saremmo accorti prima. Ora si riflette sul fatto che le valutazioni fossero drogate per via della troppa liquidità con tassi prossimi allo zero. Ma quando le cose vanno bene, diventa difficile capire qual è il momento in cui si apre il precipizio.

È logico che il fallimento di una banca fino a pochi giorni fa sconosciuta in Italia possa avere ripercussioni così forti anche in Europa?
No, è poco logico. E non dobbiamo nemmeno aspettarci una cosa simile. Si tratta di una banca con caratteristiche assolutamente particolari. La Svb opera in un ambito specifico, finanzia prevalentemente il settore hi tech delle startup in un’area geografica estremamente localizzata a livello mondiale. Quindi è estremamente improbabile che ci siano delle ripercussioni. Unica eccezione le banche che replicano esattamente lo stesso modello, cioè di essere estremamente focalizzate nell’ambito hi tech. Per esempio, potrebbe avvenire in alcuni casi in Irlanda. Per il sistema bancario europeo invece non vedo elementi di pericolo.

Si può star tranquilli per quanto riguarda le conseguenze per il mercato?
Direi proprio di sì. Negli ultimi anni ci si è adoperati tantissimo in questo senso. In Europa, memori della grande crisi che ha coinvolto anche il nostro Paese nel 2011, si è lavorato tantissimo per capitalizzare le banche. La capitalizzazione ci protegge da eventuali effetti contagio, che diventano estremamente improbabili.

Ha ragione il ministro dell’Economia francese Le Maire quando afferma che la Francia non rischia il contagio?
“Contagio” è una parola che genera sempre ansia perché riporta alla memoria tanti casi di crisi bancarie. Dobbiamo però ricordarci che in tutte quelle precedenti mancava il grande livello di capitalizzazione delle banche che abbiamo oggi e che di fatto ci mette al riparo da rischi.

Le banche italiane sono esposte a eventuali contraccolpi?
Il bilancio delle banche italiane è robusto. Piuttosto mi preoccuperei dei temi europei. È importante che si eviti una recessione e che le aziende abbiano liquidità. Sono questi gli aspetti su cui tutti eravamo concentrati fino a pochi giorni fa, prima di questo crac. Non vedo rischi. Quello che può avvenire è che nei prossimi giorni in Borsa ci siano delle tensioni al ribasso sui titoli bancari. Ma il motivo reale sarà un altro: in Italia e in Europa i titoli sono cresciuti talmente tanto che tutti gli investitori stanno aspettando una scusa per uscire e ottenere le plusvalenze. In questo caso si tratterebbe di una scusa piuttosto blanda ma sufficiente per assicurarsi dei profitti peraltro legittimi.