L’aumento al prezzo di benzina e gasolio tiene in fibrillazione il Paese. Dopo il taglio allo sconto sulle accise deciso dall’esecutivo Meloni, in alcuni distributori si tocca quota 2,4€ al litro. Se il Codacons denuncia speculazioni, per Davide Tabarelli, fondatore e presidente di Nomisma Energia, «le compagnie si sono adeguate al prezzo ottimale». In allerta Guardia di Finanza e Garante per la sorveglianza dei prezzi.
Il report Nomisma – 1,838 e 1,888 euro al litro. In queste due cifre il report di Nomisma (società che svolge ricerche di mercato) del 2 gennaio 2023 ha individuato il prezzo ottimale di benzina e gasolio. Prezzo che è costituito da circa 0,70€ della quotazione internazionale, 0,15€ di margine lordo (per trasporto del carburante, margine del gestore, investimenti eccetera), 0,70€ di accise e circa 0,30€ di IVA al 22%. «Il prezzo attuale nei distributori è in linea con quello ottimale adesso che il governo Meloni ha rimosso lo sconto sulle accise [0,18€ ndr]. Era assurdo continuare a tenerlo» dichiara a LaSestina Davide Tabarelli, presidente di Nomisma, che continua: «Anzi, andava già fatto prima, quando i prezzi erano ancora più alti».
Le denunce del Codacons – Nel frattempo, il Codacons (associazione che tutela i diritti degli utenti e dei consumatori) ha presentato denunce presso 104 procure ed è in arrivo oggi un esposto all’Antitrust per ipotesi di «cartello» tra compagnie petrolifere. È previsto anche un boicottaggio dei punti vendita più cari. La procura di Roma sta già indagando. «Il Codacons ha considerato situazioni estreme, non proprio speculazioni. Ci sono distributori verso cui è più costoso trasportare il carburante. Altre variabili che influiscono sulle tariffe sono la differenza tra servito e self-service e se il distributore è di una grande compagnia o è “bianco”» dice Tabarelli. A presidiare le tariffe anche la Guardia di Finanza, allertata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, e il Garante per la sorveglianza dei prezzi (detto “Mister Prezzi“).
Le accise – Se il prezzo del petrolio rimane quindi costante (WTI a 76 dollari al barile), quello del carburante però cresce. Secondo Tabarelli, ciò si spiega con l’aumento delle accise scattato dal primo gennaio, oltre che con i fattori prima menzionati. L’intervento sulle accise, voluto dal governo Draghi, era una misura costosa: quasi 600 milioni al mese per 7 miliardi l’anno. La decisione dell’esecutivo Meloni, se dà respiro al bilancio dello Stato, rischia però di influire negativamente sul consenso politico del governo.