L’inflazione rallenta, ma non abbastanza. E le banche centrali procedono, nella speranza di contenerla, ad alzare ancora i tassi d’interesse. Quelli della Banca centrale europea (Bce) sono ormai al 3%, con la previsione di arrivare fino al 3,5% a marzo; la Federal Reserve statunitense (Fed) ha alzato i suoi fino al 4,50%, ma senza nessuna intenzione di fermarsi. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in visita a New York, ha criticato la decisione della Bce: «Pagare di più la moneta è un messaggio negativo per le imprese». Ha approvato, invece, la mossa della Fed, considerando la diversa natura dell’inflazione europea e di quella statunitense.
I dati in Italia – Secondo le stime dell’Istat, i prezzi al consumo sono cresciuti del 10% nel mese di gennaio, contro l’11,6% di dicembre 2022. Questo lieve ribasso si deve al calo dei prezzi dei beni energetici regolamentati, ma è allo stesso tempo controbilanciato da un rialzo dei prezzi dei beni durevoli, come gli oggetti di utilizzo quotidiano, quelli non durevoli, ad esempio gli alimentari, e i servizi relativi all’abitazione. L’inflazione di fondo, ossia quella calcolata sui beni accessori e senza considerare alcol e tabacchi, è inoltre salita di 0,2 punti percentuali. Nel resto dell’Unione europea, il dato generale dell’inflazione si aggira comunque intorno al 10%.
Due situazioni opposte – Quello a cui si riferisce il ministro Tajani, quando sottolinea una differenza tra le situazioni di Europa e Stati Uniti, sono le ragioni dell’inflazione nelle due zone. Negli Stati Uniti l’aumento dei prezzi (attualmente al 6,4%) deriva da un evento “virtuoso”: il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi da cinquant’anni, con più di mezzo milione di nuovi posti di lavoro. L’inflazione che sta conoscendo l’Unione europea, pur in salita fin dall’autunno 2021 come effetto del post-pandemia, ha risentito pesantemente del conflitto in Ucraina, con la limitazione alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia e il conseguente aumento dei costi dell’energia. Per il ministro Tajani, quindi, l’inflazione europea «non è nostra responsabilità».
I consumatori – L’obiettivo delle banche centrali è sempre quello di mantenere l’inflazione intorno al 2%. La tattica di alzare i tassi d’interesse, nel frattempo, ha un riscontro su tutti i cittadini. In particolare, i mutui a tasso variabile, che in Europa sono più diffusi rispetto agli Stati Uniti, potrebbero conoscere un’ulteriore impennata. Una simulazione effettuata da Sky Tg24 su Facile.it stima un aumento di 100 euro a rata nei prossimi mesi per chi sta comprando casa.
Prossimi passi – Ogni considerazione su nuovi rialzi dei tassi di interesse, in ogni caso, verrà portata al tavolo del G20 a Bangalore, in India, alla fine della settimana. Tra venerdì e sabato si incontreranno infatti i ministri delle Finanze e i Governatori delle banche centrali. E in tutto questo, il Fondo monetario internazionale mostra ottimismo. Come riferito dall’Ansa, per la direttrice operativa dell’Fmi Kristalina Georgieva, il 2023 sarà un anno di rallentamento per la crescita globale, ma questo potrebbe anche riflettersi in modo positivo sull’inflazione.