Christine Lagarde

Christine Lagarde

«Non stiamo considerando una pausa» nei rialzi dei tassi. Lo ha detto la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde mercoledì 28 giugno al Forum delle banche centrali organizzato a Sintra, in Portogallo. A luglio, come già annunciato il 15 giugno, ci sarà una stretta, ma la sensazione è che a settembre possa arrivarne un’altra. Contro l’Inflazione, ha proseguito, «abbiamo fatto molto ma molto resta ancora da fare. Siamo dipendenti dai dati, decidiamo di riunione in riunione, ma sappiamo che abbiamo ancora strada da fare». Attualmente, il costo del denaro è al 4%, ma con i prossimi due aumenti dovrebbe salire al 4,5 o al 5%. La politica della Bce fa discutere: secondo molti, alzare i tassi di interesse non è la misura migliore per abbattere l’inflazione perché questa è dovuta anche ai sovrapprofitti fatti dalle aziende, una dinamica che la politica dei tassi non riesce a contrastare.

Le reazioni  – «Non vediamo evidenze tangibili che l’inflazione sottostante stia scendendo», ha sottolineato Lagarde. «Vogliamo restare in regime restrittivo a lungo». L’obiettivo della Bce è quello di riportare l’inflazione entro il 2%. Un traguardo ancora lontano per tutta l’Eurozona, anche perché se l’inflazione generale è in calo, quella sul «carrello della spesa» (beni alimentari, per la cura della persona e della casa) rimane sopra al 10%. Secondo le stime preliminari dell’Istat, i livelli in Italia sono rispettivamente 6,4% e 10,7%. La via scelta dagli economisti di Francoforte non è immune da critiche, anche pesanti. Giorgia Meloni, durante un intervento a Montecitorio, ha definito il rialzo dei tassi una «ricetta semplicistica» perché non tiene conto che «potrebbe avere l’effetto di colpire più le economie che l’inflazione». Da un punto di vista econometrico, aumentare il costo del denaro significa frenare la crescita. Per un Paese come l’Italia, cioè con un debito pubblico elevato, significa anche far lievitare gli interessi. Sono questi i motivi che spingono il governo italiano a criticare le scelte di Francoforte. Sulla stessa linea anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Non credo che vada in direzione della crescita continuare ad aumentare i tassi di interesse, soprattutto non condivido gli annunci n largo anticipo come fatto oggi da Lagarde. Noi soffriamo di un’inflazione diversa dagli Usa, è provocata dal costo delle materie prime a causa della guerra, oggi aumentare il costo del denaro significa mettere le imprese in difficoltà. Con i tassi troppo alti si rischia la recessione», ha detto intervenendo a un congresso sindacale. Critico anche il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti: se Lagarde ha detto che «Il nostro scenario di base non include una recessione», il ministro leghista ha commentato che «in Germania è già arrivata». L’Italia quest’anno ha visto crescere il proprio Pil, con andamenti migliori di quelle della maggior parte dei Paesi dell’Eurozona. Gli ultimi dati sulla produzione, però, preannunciano un rallentamento nel secondo semestre del 2023.

Le conseguenze per l’Italia – Come si diceva, la politica di rialzo dei tassi di interesse iniziata lo scorso settembre ha come conseguenza quella di far aumentare il costo del debito pubblico. Secondo l’ultimo Documento di economia e finanza, l’Italia pagherà 75 miliardi di euro di interessi nel 2023, 85 nel 2024, 91 nel 2025, fino ad arrivare a 100 miliardi nel 2026. Al tempo stesso, però, siccome l’inflazione gonfia il valore della ricchezza prodotta, il rapporto tra debito e Pil dovrebbe diminuire, arrivando nel 2026 al 137,9%.
Un’altra conseguenza delle scelte della Bce è la fine degli acquisti dei titoli di Stato da parte dell’istituzione europea. La Bce, dagli anni della presidenza Draghi, acquistava i titoli che il mercato non assorbiva, ma da luglio questo non accadrà più. Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, l’interruzione del programma di acquisto titoli costringerà l’Italia a dover collocare sul mercato 432 miliardi di titoli, 116 in più rispetto allo scorso anno.
Infine,  l’aumento del costo del denaro significherà meno liquidità per le banche. Se inizialmente i rialzi hanno  incrementato «i margini di interessi e la redditività complessiva delle banche», ha spiegato al Parlamento europeo il presidente del Consiglio di vigilanza della Bce Andrea Enria, il proseguire di questa politica farà diminuire i margini delle banche man mano che «i tassi più elevati vengono trasmessi ai depositanti».