Benjamin Franklin diceva che di certo nella vita ci sono solo la morte e le tasse. Tra le due, da oggi abbiamo per fortuna una certezza in meno: niente più tasse fino alla fine dell’anno. È il Tax freedom day, il giorno in cui idealmente i lavoratori italiani smettono di lavorare per il fisco e, fino al 31 dicembre, iniziano a guadagnare solo per loro stessi.

Impatto della pressione fiscale – Secondo la Cgia di Mestre, la Confederazione generale italiana dell’artigianato, quest’anno abbiamo raggiunto la liberazione fiscale l’8 giugno. Ciò significa che i primi 158 giorni del 2023 sono stati impiegati dai lavoratori solo per rispettare le scadenze fiscali. Un calcolo basato sull’ipotesi in cui i contribuenti decidessero di anticipare al fisco tutte le tasse previste per l’anno: è un esercizio teorico, che non ha nessuna applicazione nella realtà, ma che ci fa capire quanto sia alta la pressione fiscale in Italia.

Come si calcola – Per stabilire il Tax freedom day l’Uffico studi di Cgia ha diviso la stima del Pil di quest’anno (2.018.045 milioni di euro) per 365 giorni, ottenendo così un dato medio giornaliero (5.528,9 milioni di euro). Questa cifra è stata poi rapportata alle previsioni di gettito delle imposte, delle tasse e
dei contributi sociali che i percettori di reddito verseranno nel 2023 (874.132 milioni di euro). Il risultato sono i 158 giorni di tasse.

2023 quasi da record – L’anno in cui i lavoratori si sono liberati prima dal giogo delle tasse, a partire dal 1995, è stato il 2005. La pressione fiscale era al 39% e ai contribuenti italiani bastarono 142 giorni lavorativi per liberarsi dalle tasse. L’anno peggiore è stato il 2022: la pressione fiscale ha raggiunto il picco storico del 43,5% e per il Tax freedom day si è dovuto attendere il 9 giugno, un giorno in più rispetto a quest’anno. Il record del 2022 non era dovuto a un aumento delle tasse su famiglie e imprese ma all’impennata del costo dei prodotti energetici importati e dalla crescita dell’inflazione.

Italia sul podio – Che quello italiano sia un fisco «eccessivo, ingiusto e farraginoso», usando le parole della Cgia di Mestre, è visibile anche confrontandolo con quello degli altri Paesi dell’Unione europea. Nel 2022 solo la Francia e il Belgio hanno registrato un peso fiscale superiore al nostro. A Parigi la pressione fiscale ha raggiunto il 47,7% del Pil, mentre a Bruxelles si è attestata al 45,1%. La media europea è stata del 41,2%: ha chiuso la classifica l’Irlanda con il 21,6%.