Scintille in pazza Affari per il titoplo Tim dopo l’annuncio dell’Opa (offerta pubblica di acquisto) presentata alla fine della scorsa settimana dal fondo americano Kkr per acquisire il 100% della società di telecomunicazioni: le azioni hanno guadagnato, dopo un avvio al rialzo che ha portato alla sospensione, il 26,9% a 0,4322 euro, ancora lontano, comunque, da prezzo di opa proposto da Kkr, pari a 0,505 euro. In una nota diffusa ieri, 20 novembre, Tim ha comunicato che il consiglio di amministrazione si è riunito per discutere la manifestazione di interesse «amichevole» dell’operatore internazionale di private equity con sede a New York. La riunione, durata circa tre ore, ha visto al centro del dibattito l’Opa «non vincolante» del fondo Usa, che asasegna a Tim un valore di 11 miliardi. La proposta mira al “delisting”, cioè al ritiro del titolo dal mercato, e sarebbe vincolata al raggiungimento di almeno il 51% del capitale.

Gli schieramenti – L’auspicio di Kkr, nato nel 1976 e quotato in borsa dal 2010, è che l’operazione venga supportata da tutti gli attori della vicenda: la società, il management e i soggetti istituzionali. In tal senso, sono proprio questi ultimi l’ago della bilancia: il governo infatti può esercitare il golden power sulla rete Tim, considerata un’infrastruttura strategica. Si tratta, in poche parole, di uno strumento garantito da una legge dal 2012, che permette di opporsi all’acquisto di imprese strategiche – per l’appunto – nei settori della difesa, dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Ma il governo potrebbe essere l’unico ostacolo all’operazione. Da circa 24 ore, Luigi Gubitosi, amministratore delegato del gruppo telefonico, starebbe subendo pressioni da parte di Vivendi, società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni, che detiene il 23,75% delle azioni: il primo azionista del gruppo, già critico nei confronti del management, non ha digerito l’incursione degli americani e vuole avere voce in capitolo. A tal proposito, i francesi hanno espresso «il desiderio e la volontà di lavorare a fianco delle autorità italiane e delle istituzioni pubbliche per il successo a lungo termine di Tim».

I timori francesi – A rendere inquieto Vivendi, è la vicinanza di Gubitosi, a Kkr dopo che nel 2020 ha favorito l’ingresso, con una quota del 37,5%, della società americana in FiberCop, l’azienda costituita da Tim e Fastweb, cui compete la gestione della rete secondaria della societa di tlc. I freancesio sospettano che l’offensiva americana sia stata sollecitata proprio da Gubitosi. Probabilmente, il potenziale acquisto di Tim sarà uno dei tanti temi che Emmanuel Macron affronterà giovedì a Roma insieme a Mario Draghi, approfittando della visita ufficiale per la firma del Trattato del Quirinale. Sembra infatti che l’Eliseo sia stato messo a conoscenza della trattativa in modo informale.

Il governo italiano – «L’interesse di questi investitori a fare investimenti in importanti aziende italiane [è] una notizia positiva», ha spiegato il ministero dell’Economia, che detiene il 9,81% delle azioni di Tim grazie alla presenza della Cassa depositi e prestiti. Ha inoltre annunciato la nascita di una Task Force che ha il compito di esaminare e seguire l’operazione e, nel caso, di suggerire l’esercizio del golden power. Il gruppo dei Draghi’s boys includerebbe il ministro dell’Economia Daniele Franco, il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’Innovazione Digitale, Vittorio Colao, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Francesco Gabrielli, e gli economisti e consulenti del governo Francesco Giavazzi, Roberto Garofoli e Giuseppe Chine. Dovranno valutare i pro e i contro di quest’offerta: da una parte, la manovra di Kkr  – che ammonta a 46 miliardi, se aggiungiamo i 35 miliardi di indebitamento di Telecom – dimostra l’appetibilità dell’Italia nell’ambito internazionale; dall’altra, è necessario preservare l’interesse nazionale basato sulla difesa dell’occupazione – circa 40.000 dipendenti – e sulla strategicità della rete in vista del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Le dichiarazioni – «A Tim, e quindi all’Italia, servono un partner e un piano industriale che valorizzino e rafforzino l’azienda, non un’operazione finanziaria che rischia di portare a uno spezzatino di una realtà così importante per il Paese. Inoltre, visti i non brillanti risultati degli ultimi mesi, il cambio ai vertici auspicato da più parti pare tema non più rinviabile». Il commento del segretario della Lega, Matteo Salvini, fa riferimento ai ricavi del terzo trimestre: 3,84 miliardi di euro, in flessione del 2,1% rispetto ai 3,92 miliardi ottenuti nel terzo trimestre del 2020. «[Tim] è un settore strategico e noi abbiamo un problema. Non abbiamo ancora una rete di nuova generazione che sia in grado di connettere il nostro paese. Quindi, quello che deve essere realizzato e analizzato, rispetto a questa proposta che il fondo americano ha avanzato, è quale sistema vogliamo costruire sulle telecomunicazioni. E in questo, essendo un settore strategico, pensiamo che il governo debba non lasciare fare al mercato ma essere in grado di porre quegli indirizzi e quelle condizioni capaci di costruire la rete unica in tutto il paese e imprese che siano campioni su questo settore», ha commentato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a Torino per l’assemblea dei lavoratori e delle lavoratrici dell’Iren, durante la quale ha ribadito l’importanza di non «ripetere gli errori fatti in passato quando si lasció privatizzare Telecom disperdendo una competenza che adesso c’è bisogno di rilanciare e rafforzare».