Tim non si «svende» e in piazza Affari i titoli crollano per l’incertezza attorno alla cessione della rete telefonica. Questa la situazione all’indomani dei ritocchi alle due offerte concorrenti da parte del tandem Cassa depositi e prestiti (Cdp) con Macquarie e di Kkr. Ritocchi considerati «modesti» e inadeguati anche dal Consiglio di amministrazione Tim e dal primo azionista, la francese Vivendi, che in più di un’occasione ha ribadito appunto di non voler «svendere» e di non voler scendere sotto i 31 miliardi  di euro per la cessione del suo asset. Nella seduta del 20 aprile continua lo scivolone in Borsa di Tim sotto i 29 centesimi (con una diminuzione dei titoli pari a -2,73%) dopo il tonfo a -8,27% di mercoledì 19 e la conseguente perdita di 490 milioni di capitalizzazione per il gruppo. In una giornata generalmente positiva per i mercati, Piazza Affari aveva infatti reagito con sfiducia verso l’indecisione attorno al gruppo. La partita per la vendita diretta della rete rimane comunque aperta, con il Cda che dovrà riunirsi il prossimo 4 maggio per valutare se ridiscutere le offerte o se trovare un’altra via per sostenere il debito accumulato dal gruppo.

I rilanci – Continuano le trattative, ma resiste la sfiducia della Borsa dopo i rilanci dei potenziali acquirenti.  L’ultima proposta di Cdp-Macquaire è arrivata a 19,3 miliardi per l’acquisizione di Netco, la società che controlla la rete, contro i 18 presentati in precedenza. Il fondo americano Kkr ha invece rialzato a 21 miliardi, aggiungendo ai 19 messi sul tavolo 2 miliardi di earn out (clausola che prevede il pagamento di una quota aggiuntiva solo in caso di raggiungimento di un obiettivo economico in tempi prestabiliti), nel caso della creazione di una rete unica con Open Fiber (gestita da Cdp-Macquarie). Rispetto a entrambe le nuove proposte rimane scontento il socio francese del gruppo telefonico, aveva inizialmente fissato una soglia minima di 20 miliardi per la cessione.
Ora il rischio per Tim è che senza margine per ulteriori ritocchi la vendita diretta della rete possa non andare a buon fine. In questo caso la società faticherebbe a sostenere il debito di 25 miliardi accumulato in questi anni, con l’ unica alternativa di un aumento di capitale non inferiore a 5 miliardi.  Un percorso difficile da digerire per i mercati e che metterebbe in difficoltà il progetto del governo italiano di creare una rete nazionale sotto il controllo di Cdp.

Vivendi contro il Cda – Il Cda di Tim ha tempo fino al 4 maggio per trovare una soluzione all’ empasse, ma, secondo alcuni osservatori è improbabile che si vada allo scontro, considerata la posta in gioco. Intanto però continuano i malumori all’interno del gruppo. È prevista per oggi, mercoledì 20 aprile, l’assemblea del gruppo telefonico con all’ordine del giorno il bilancio 2022 e la nomina di un consigliere dopo le dimissioni del Ceo scelto da Vivendi. A destare ulteriori preoccupazioni sul mercato sarebbe l’atteggiamento del primo azionista francese (da solo possiede il 24% del capitale), che ha messo nel mirino la gestione dell’azienda contestando i compensi previsti per i dirigenti del gruppo. Secondo alcune indiscrezioni, in assemblea il socio francese dovrebbe astenersi dal voto sulla remunerazione del management.