Il titolo di Gedi, società editrice di Repubblica, Espresso e La Stampa, sospeso in Borsa in attesa di saperne il destino. Cir, gruppo al centro delle attività editoriali della famiglia De Benedetti, deciderà tra la mattina e il primo pomeriggio di lunedì 2 dicembre se accettare l’offerta di Exor, holding della famiglia Agnelli-Elkann, e vendere il proprio pacchetto azionario di maggioranza. Se l’affare si concludesse, Exor diventerebbe proprietario di poco meno del 50% delle azioni di Gedi. La società con sede in Olanda è già presente nel mondo editoriale con Economist Group, editore del settimanale omonimo e altre testate di finanza.

Rialzo in Borsa dei titoli coinvolti – In attesa di certezze sul nuovo assetto proprietario di Gedi, la sola notizia della probabile acquisizione ha provocato diversi rialzi alla Borsa di Milano. Alle 11 di lunedì 2 dicembre sono aumentate di valore le azioni delle due holding coinvolte, Exor (+1,61%) e Cir (+6,68%). Buone anche le prestazioni delle controllate di Exor come Fiat Chrysler (+1,27%) e Juventus (+0,38%) e del maggiore azionista di Cir, Cofide (+6,81%), sempre controllato dai fratelli De Benedetti. Il titolo del diretto interessato, Gedi Gruppo Editoriale, è sospeso dalle contrattazioni fino a comunicazioni ufficiali delle parti coinvolte. Exor possiede già il 6% delle azioni di Gedi e punta ad aggiungere la quota Cir pari al 43,78%. Indiscrezioni dicono che offerte sono pervenute anche sulle scrivanie di Carlo Perrone e Giacaranda Caracciolo Falck, proprietari nel complesso del 10% del gruppo. Più la quota controllata da Exor sale, più la società avrebbe mano libera per eventuali ristrutturazioni del nuovo acquisto. Già nei giorni scorsi fonti vicine a John Elkann affermavano che «non ci sarà alcun approccio sentimentale, nessuna suggestione filantropica: in casa Exor si guarda avanti, con la fiducia che Gedi possa esprimere un grande potenziale». Le parole d’ordine della nuova gestione targata Agnelli-Elkann saranno, si dice, «stabilità e indipendenza». Si tratta di un ritorno nell’editoria italiana per la famiglia Agnelli-Elkann, dopo che nel 2016 aveva ceduto i quotidiani La Stampa Il secolo XIX proprio a Gedi.

«Azienda crollata in mano ai miei figli» – A ottobre 2019 Carlo De Benedetti, per oltre vent’anni editore di Repubblica, aveva provato a rientrare in possesso della “sua” creatura. Era infatti pervenuta sui tavoli di Cir un’offerta per circa il 30% delle azioni da parte di Romed spa. L’offerta è stata respinta dai figli dell’imprenditore, i quali hanno in mano Gedi tramite la holding Cir, che l’hanno definita «iniziativa non sollecitata né concordata». L’anziano ex-editore ha risposto che «la gestione sua (il figlio Rodolfo, ndr) e di suo fratello Marco hanno determinato il crollo del valore della azienda e la mancanza di qualsiasi prospettiva». La faida generazionale tra l’Ingegnere e i suoi tre figli è solo l’ultima delle molte sfide finanziarie sviluppatesi attorno a Repubblica e L’Espresso. La “guerra di Segrate” vide opporsi a fine anni Ottanta lo stesso Carlo de Benedetti e Silvio Berlusconi, entrambi interessati all’acquisto della Mondadori, all’epoca proprietaria del gruppo L’Espresso. La proprietà venne infine scissa, consegnando l’editoria libraria a Berlusconi e l’editoria giornalistica a De Benedetti. Decenni dopo, Fininvest fu condannata a pagare un enorme risarcimento per corruzioni e tangenti nell’ambito dell’affare. Ad oggi il gruppo Gedi, che comprende quotidiani come Repubblica e La Stampa e radio come Radio Capital e Radio Deejay, ha risultati economici contrastanti tra le sue diverse parti. La divisione “Stampa nazionale”, comprendente il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, L’Espresso, Limes e Micromega, è la parte debole del gruppo: ricavi in calo del 6% rispetto all’anno scorso e un bilancio in rosso per oltre 7 milioni. Ricavi in calo anche per “News network” – La Stampa, il Secolo XIX e quotidiani regionali – anche se quest’ultimo non fa registrare perdite Le radio invece sono in buona salute: leggero aumento di fatturato e bilancio positivo. Nel complesso però il giro d’affari della componente radiofonica è grosso modo un ottavo di quello mosso dai quotidiani del gruppo. Da inizio anno il titolo Gedi ha perso il 18%.