juventusChe bella responsabilità si è preso Wesley Sneijder quando, a cinque minuti dalla fine di Galatasaray-Juventus, ha ficcato il pallone in rete alle spalle di Buffon. Sfumata, così, la qualificazione agli ottavi di Champions League dei bianconeri. Ma non solo: quel gol ha fatto crollare il titolo in Borsa della Juventus, che ha chiuso la giornata con un -7,48%. Il valore del titolo è bruscamente calato da 0,25 euro (quando la partita era sullo 0-0) a 0,22 euro dopo la rete del Galatasaray. Tradotto in soldoni (è proprio il caso di dirlo): 30 milioni bruciati.

Ma come mai quel gol valeva così tanto? La Juventus, mancando la qualificazione agli ottavi della Champions League, rinuncerà a un tesoretto sostanzioso, che si aggira tra i 30 e i 40 milioni di euro: introiti derivanti dai bonus Uefa legati ai risultati, dai diritti tv e dal botteghino. Finora i bianconeri hanno incassato dalla Uefa circa 11 milioni di euro, in attesa della suddivisione del “market pool”, che comprende i diritti tv (stima: una ventina di milioni). E poi c’è la partecipazione alla sorella povera della Champions, l’Europa League: riuscendo ad arrivare fino in fondo, la Vecchia Signora potrebbe racimolare una decina di milioni. Totale: 40 milioni di euro, cioè 25 in meno rispetto allo scorso anno, quando uscì ai quarti della Champions e incassò 65,3 milioni, attestandosi come il club europeo che guadagnò di più.

Del resto, i risultati sportivi delle società sono strettamente legati a quelli economici. E la Borsa prende subito nota: così, se i flop sul campo affossano il titolo (nel gennaio 2011 la Juventus perse il 6,69% dopo una sconfitta interna contro il Parma per 4-1), le strisce vincenti cementano fiducia e portano benefici anche a Piazza Affari.

Se ne sono rese conto anche le altre due squadre italiane quotate in Borsa, la Lazio e la Roma. Il filotto di vittorie dei giallorossi (dieci consecutive) ha trascinato la squadra di Garcia in testa alla classifica fino a fine novembre. E ha riempito di gioia gli azionisti. Il 21 ottobre, alla riapertura del mercato dopo il 2-0 della Roma al Napoli (ottava vittoria consecutiva), il titolo ha fatto un balzo del 26,87%. Entusiasmi raffreddati dopo il sorpasso dei bianconeri in classifica, costato fino a un -7,56% in Borsa.

In questo particolarissimo derby giocato tra Piazza Affari e l’Olimpico, la Lazio risponde con il +25,98% realizzato nell’ottobre 2010, dopo una striscia di risultati utili fatta di sei vittorie e un pareggio. Il problema delle società quotate in Borsa è lo stesso del tifo e del clima attorno alla squadra: è umorale. Una serie di vittorie può lanciare il titolo, mentre qualche ko o magari l’infortunio di un giocatore importante ne decreta il crollo. La volatilità estrema va sempre tenuta presente.

Ma non sono solo i risultati sul campo ad essere determinanti. Il 14 e il 15 ottobre scorsi tutte e tre le società italiane quotate in Borsa hanno festeggiato un boom di rialzo. La Roma ha toccato il +29,46%, la Lazio il +29,80%, la Juventus il +28,55%. Eppure, nel weekend precedente il campionato era fermo per dare spazio alle Nazionali. La ragione del boom è il cosiddetto “effetto Thohir”: in quei giorni, il magnate indonesiano concludeva l’acquisizione del 70% dell’Inter per un valore di 250 milioni di euro. Ha così svelato quanto possa valere una società di serie A, un dato che normalmente non esiste. E una mossa che ha scatenato la caccia all’oro degli investitori, che si sono precipitati sui titoli calcistici. Quasi meglio di uno scudetto.

Francesco Paolo Giordano