Pecunia non olet, dicevano i latini. Il denaro non puzza, mai. E il business, in questo senso, può diventare una testa di ponte diplomatica formidabile: Donald Trump, uomo d’affari, lo sa bene. Il presidente americano in questi giorni è in viaggio fra diversi Paesi del Medio Oriente: prima a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, poi a Doha, capitale del Qatar. 600 miliardi di dollari nella prima città, 1.200 miliardi nella seconda. Gli Emirati Arabi Uniti, infine, hanno promesso 1.400 miliardi in dieci anni. A tanto ammontano gli accordi economici stipulati nel giro di due giorni fra il tycoon e i capi di Stato ospitanti. Un’intesa che avrà – e che già sta avendo – numerose ricadute politiche, e che disegnerà nuovi assetti nell’area del Golfo.

Arabia Saudita – L’altroieri, il 13 maggio, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha accolto Trump con tutti i fasti del caso, fra fanfare, uomini a cavallo, tappeti pregiati e, colpo di scena, un McDonald’s mobile installato su un tir. Formalità raffinate (o pop) a parte, si è poi passati ai fatti: il vertice di Riad ha visto unirsi, oltre a The Donald e al principe arabo, anche il nuovo leader siriano Ahmad al-Sharaa, più noto con il suo nome di battaglia, Abu Mohammed al-Jolani. È stato il primo faccia a faccia di un presidente americano con un capo siriano in 25 anni ed è durato 33 minuti, stretta di mano compresa. Breve, ma intenso: «Giovane, attraente. Un duro. Un combattente. Abbiamo buone possibilità che tutto funzioni», ha dichiarato Trump dopo averlo incontrato. In più, il tycoon ha subito trovato il modo di instaurare un’intesa economica, dando fiducia alla nuova direzione siriana dopo la caduta del regime di Assad: stop alle sanzioni americane a Damasco. L’ex leader di un ramo di al Qaeda, lo jihadista su cui pendeva una taglia da 10 milioni di dollari, ha ora «una tremenda opportunità di fare qualcosa di storico nel suo Paese». Poi, all’Investment forum Usa-Arabia Saudita, gli affari: accordi per 600 miliardi agli Stati Uniti. 142 in armi, mentre la petrolifera Saudi Aramco ha reso noti 34 contratti con aziende Usa per 90 miliardi. Al meeting, insieme al tycoon, anche una corte di ceo guidata da Elon Musk e comprendente tra gli altri Mark Zuckerberg, capo di Meta, Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, Larry Fink, presidente del colosso finanziario BlackRock, e il numero uno di Stellantis John Elkann. Musk ha ringraziato l’Arabia Saudita per aver scelto la sua Starlink – il servizio internet satellitare – per il trasporto aereo e marittimo, dopo aver fatto danzare la ‘Trump dance a uno dei suoi robot umanoidi davanti al principe e al presidente. «Mohammad bin Salman è un amico. Credo davvero che ci piacciamo molto», ha concluso The Donald, che ha ricevuto in dono un rarissimo esemplare di leopardo arabo.

Qatar – Il presidente americano si è poi spostato a Doha, la capitale del Qatar, dove è stato ricevuto nel Palazzo reale dello sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, una dimora lussuosa di cui Trump ha subito ammirato i marmi pregiati. Paese che vai, affare che trovi: qui il tycoon ha concluso accordi per 1.200 miliardi. Tra le voci più importanti: 210 Boeing per Qatar Airways – Kelly Ortberg, il ceo dell’industria aeronautica, ha incontrato di persona l’emiro – investimenti per 38 miliardi in basi militari, nuove tecnologie per il quantum computing e un miliardo in sistemi anti-droni Raytheon. Lo sceicco ha definito Trump «uomo di pace», e ha annunciato il modesto regalo per il presidente: un Boeing 747 da 400 milioni da usare come velivolo presidenziale, che rimarrà di sua proprietà anche alla fine del suo mandato. The Donald ha aperto anche all’Iran: si è detto favorevole a negoziati sul nucleare civile in cambio dell’atomica. Il tycoon ha invitato tutti i Paesi arabi a sottoscrivere gli Accordi di Abramo, normalizzando le relazioni con Israele, almeno quando la crisi di Gaza sarà finita: in cambio, offre protezione e affari.