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L'Ue: chiudere la procedura d'infrazione per deficit eccessivo per l'Italia

Ora è ufficiale: la Commissione europea ha raccomandato la chiusura della procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia. È stato il vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani, a confermarlo su Twitter mercoledì mattina, mentre era ancora in corso la riunione dell’esecutivo Ue.

Per rendere definitiva la chiusura della procedura d’infrazione, aperta nel 2009 quando il rapporto tra deficit e Pil italiano superò la soglia del 3 per cento previsto dai parametri di Maastricht, servirà ora l’approvazione dell’Ecofin e del Consiglio europeo. Ma la notizia arrivata da Bruxelles ha già prodotto i primi commenti, come quello di Alberto Bombassei, presidente della Brembo e parlamentare di Scelta Civica. “È un dato estremamente positivo perché vuol dire liberare determinate possibilità di investimento”, ha detto a margine di un convegno alla Bocconi. “Adesso la cosa più importante – ha continuato Bombassei – è investire bene, ciò che non abbiamo fatto negli ultimi 15 anni”.

La decisione della Commissione arriva in contemporanea con il rapporto mensile pubblicato dall’Ocse sull’economia dell’Italia. “Nonostante una crescita molto debole e prospettive scarse per il 2013 – si legge nel testo – il deficit italiano continuerà a diminuire”, con una stima del 3 per cento per quest’anno e del 2,3 per cento per il prossimo. Le stime dell’Ocse non sono però tutte di segno positivo. Il Pil italiano secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, passerà dal -1,5 per cento al -1,8 per cento per il 2013, mentre la crescita per il 2014 sarà inferiore alle attese: +0,4 per cento anziché +0,5. Anche il debito pubblico è destinato ad aumentare, passando dal 131,7 per cento del Pil nel 2013 al 134,3 per cento nel 2014.

Tutti segnali che indicano come l’Italia non possa esultare troppo per la decisione di Bruxelles e debba considerarsi ancora una “sorvegliata speciale”. L’Unione europea, nel documento approvato oggi, raccomanda infatti al governo di andare avanti sulla strada delle riforme strutturali rendendo tra l’altro più flessibile il mercato del lavoro, spingendo sulle liberalizzazioni, snellendo la burocrazia e riformando la giustizia civile per dare più certezza agli investitori. Le fa eco l’Ocse, che nel suo economic outlook afferma che, per uscire dalla crisi, l’Italia deve “consolidare le riforme positive per la crescita” ed “evitare riduzioni premature delle tasse”.

Francesco Loiacono