Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea.

Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea.

É il D-Day per l’economia europea. Il 22 gennaio il consiglio della Bce decide sul piano targato Mario Draghi per affrontare la deflazione e far ripartire la macchina economica del vecchio continente. Il Quantitative Easing, cioè l’acquisto di titoli di stato da parte della Banca centrale, è pronto a diventare realtà. Nei piani di Draghi proseguirà per circa due anni, a partire da marzo, con importi mensili per 50 miliardi di euro. L’obiettivo è raggiungere un livello di inflazione vicino al 2 per cento, cioè riprendere il filo di una crescita che si attende ormai da troppo.

Già mercoledì la proposta ha iniziato ad essere discussa con i governatori delle varie banche nazionali, tutt’altro che unanimi sul da farsi. Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann e il consigliere Bce Sabine Lautenschläeger insistono sulla linea del rigore e contestano duramente il ricorso a uno strumento così incisivo – non a caso definito “bazooka” – da parte del presidente Draghi. Considerazioni in proposito si attendono dal bilaterale di Firenze tra Matteo Renzi e Angela Merkel, dove la Cancelliera potrebbe rinnovare le sue perplessità sull’arma definitiva della Bce e in generale sull’operato del suo presidente.

Nelle aspettative di Draghi, il Quantitative Easing dovrebbe aumentare la liquidità in circolazione e quindi innescare una serie di processi virtuosi: l’euro s’indebolirà e quindi aumenteranno i prezzi e la competitività dell’eurozona a livello internazionale. Non solo: i tassi di interesse sono destinati a scendere e questo porterà i bilanci europei ad alleggerirsi. Alla fine i benefici sono previsti sia per i governi che per l’economia reale e le famiglie, che – al netto dell’aumento dei prezzi – dovrebbero comunque poter godere di una maggiore disponibilità economica.

Alessio Chiodi