Per tutti l’«Avvocato», anche se non ha mai esercitato la professione. Presidente della Fiat, azienda di famiglia, e della Juventus, la squadra più tifata in Italia. Un’icona di stile con il suo orologio sul polsino nonchè un ostentato frequentatore di letti non coniugali.  Una vita sempre al massimo, come le Ferrari che costruiva, tra soft power politico e disgrazie familiari. Vent’anni fa, il 24 gennaio, per un cancro alla prostata, moriva Gianni Agnelli, il re senza corona dell’Italia del secondo Novecento.

La guerra, la Fiat e la Juve – «Tutto quello che ho, l’ho ereditato. Io vi ho aggiunto il dovere della responsabilità», così Gianni Agnelli, all’anagrafe Giovanni, riassumeva il suo approccio alla vita. Una responsabilità che derivava soprattutto dalla sua famiglia: nato nel 1921, era figlio di Edoardo Agnelli, erede del fondatore della Fiat e senatore Giovanni, e di Virginia Bourbon del Monte, nobildonna romana e madre amatissima dal futuro Avvocato. Il dovere lo obbligò a combattere nella Seconda guerra mondiale in Russia e in Africa come sottotenente e, nel dopoguerra, lo vide al vertice della più grande azienda automobilistica italiana.

La presidenza e il controllo con pieni poteri del gruppo automobilistico torinese arrivarono solo nel ’66, non prima di aver goduto di una giovinezza dorata e abbastanza scapestrata ma anche ricca e di rapporti fruttuosi con banchieri del calibro di David Rockfeller e politici come l’allora senatore John Fitzgerald Kennedy. Gli anni al vertice gli consegnarono un’Italia giovane e produttiva, pronta a sfruttare il boom economico e a guidare i tanti modelli di auto adatti al mercato di massa offerti dalla Fiat, che agiva in regime di quasi monopolio, almeno nelle fasce più economiche . Ma l’Avvocato, insieme al suo braccio destro Cesare Romiti, vide anche le contestazioni operaie, gli autunni caldi, la stagione del terrorismo e gli scontri con i sindacati. La stagione delle lotte finì nell’ottobre 1980 con la marcia dei 40mila, i quadri Fiat capeggiati da Luigi Arisio, evento culmine della “battaglia dei 100 giorni”, che portò alla sconfitta dei picchetti davanti i cancelli delle fabbriche. Negli anni 90 dovette affrontare prima i dissesti finanziari e poi il crollo delle quote della FIAT nel mercato italiano, dal 53% al al 35%, ed europeo, dal 14% al 10%. Furono gli anni in cui sembrò materializzarsi il fantasma della vendita della società, che «non avrebbe mai autorizzato», afferma oggi il diplomatico polacco Jas Gawronski, amico di una vita.

«L’amore di una vita ». La Juventus fu una delle sue grandi passioni, l’amore di una vita come ebbe a definirla lui stesso. Agnelli ricoprì la carica di presidente onorario dell squadra bianconera fino al 1994. Famose sono le sue visite in spogliatoio all’intervallo e le sue chiamate a ogni capitano della squadra alle 6 di mattina, come quelle con Giampiero Boniperti. Sotto Gianni Agnelli la «Vecchia Signora» raggiunse le due stelle in campionato e vinse due coppe dei Campioni.

Gli amori – «Ci si innamora a vent’anni: dopo si innamorano soltanto le cameriere», un modo un po’ snob per descrivere i numerosi flirt avuti. Sposato fin dal 1953 con Marella Caracciolo dei Principi di Castagneto, molte sono state le donne con cui ha avuto relazioni extra coniugali: Pamela Digby-Churchill, Anita Ekberg, Jacqueline Kennedy «ma forse una sola l’ha davvero coinvolto, non dirò mai chi», ha affermato sempre Gawronski in un’intervista comparsa sul Corriere della Sera il 22 gennaio. Da Marella Caracciolo ebbe un figlio e una figlia, Edoardo e Margherita.

«Era Kissinger a cercarlo» – Federico Fellini lo definiva il «re», un titolo non molto distante dalla realtà. Nel dopoguerra la Fiat ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo economico e produttivo del Paese, dando lavoro a centinaia di migliaia di dipendenti. Nel ventennio della sua morte a ricordarlo ci sono personalità come Renzo Piano, l’ex Presidente del Consiglio Mario Monti e anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che lo definisce «un simbolo dell’imprenditoria italiana». L’Avvocato ebbe anche un ruolo attivo e fondamentale nell’integrazione europea dell’Italia: nel giugno 1996, da senatore a vita, si schierò a favore dell’entrata del Paese all’interno dell’area euro rispetto alle posizioni più attendiste di Cesare Romiti.

I figli – «Si può fare tutto, ma la famiglia non si può lasciare», E’ una sua battuta anche se dal nucleo familiare Gianni Agnelli ha forse avuto le delusioni, le amarezze e i dolori più grandi. Per tyrovare un  successore a ereditare l’impero Fiat, Agnelli fu costretto a scegliere il nipote omonimo rispetto al figlio Edoardo, considerato incapace di gestirlo. Giovanni Agnelli junior, il ifglio di Umberto,  è morto stroncato da un cancro all’intestino nel ’97, mentre Edoardo si è suicidato nel 2000. La figlia minore dell’Avvocato, Margherita, è la madre di John Elkann, attuale presidente di Stellantis, la holding che, dopo una girandola infinita di ristrutturazioni, controllaora ora varie aziende del gruppo, compresa la stessa Fiat. In seguito alla morte del padre e a complesse vicende societarie, Margherita ha aperto una causa contro i propri figli, John, Lapo e Ginevra per la divisione dell’eredità del patriarca. Almeno questa lotta intestina  è stata risparmiata a Gianni Agnelli nell’arco di una vita che ha visto l’inizio e la fioritura del miracolo italiano ma gli ha risparmiato la sua fine e la visione di un’Italia e di un impero economico e familiare che non riconoscerebbe e forse non gradirebbe: «Anche allo stadio andava via sempre prima della fine del match. Ha fatto così anche con la vita», ricorda Gawronski.